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 Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?

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MessaggioTitolo: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:14

Il déjà vu (in Francese /deʒavy/ "già visto"), è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.

Il termine fu creato dallo psicologo francese Émile Boirac (1851–1917), nel suo libro L'Avenir des sciences psychiques ("Il futuro delle scienze psichiche"), revisione di un saggio che scrisse quando ancora era studente all'Università di Chicago. L'esperienza del déjà vu è accompagnata da un forte senso di familiarità, ma di solito anche dalla consapevolezza che non corrisponde realmente ad una esperienza vissuta (e quindi si vive un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità"): l'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno. In alcuni casi invece c'è una ferma sensazione che l'esperienza sia "genuinamente accaduta" nel passato.

Per tentare di spiegare scientificamente il fenomeno, una possibile ipotesi generale (di basso livello interpretativo o inferenziale) sembra essere quella di una sensazione di familiarità (e quindi: "già visto") falsa, e cioè dovuta ad una alterazione (patologica o momentanea; selettiva o pervasiva) delle funzioni cognitive di riconoscimento (attenzione) e recupero (memoria). Questo senso di familiarità, ad alto valore emotivo, si può estendere (pervasivamente) a tutti gli elementi presenti in quel momento nell'ambiente percepibile, anche se nuovi. Altresì potrebbero rimanere normali (selettivamente) altre funzioni cognitive: da ciò proverrebbe, ad esempio, la consapevolezza per cui "ma no, non è vero: non l'ho già vissuto" che in molti casi si prova, in discordanza con la sensazione.

Il déjà vu sembra essere un fenomeno molto comune. In una ricerca del 2003[1] Alan S. Brown, psicologo alla Southern Methodist University, stima che il 60% della popolazione abbia avuto almeno una volta nella vita un'esperienza di déjà vu.

La difficoltà di riprodurre in laboratorio il fenomeno del déjà vu rende molto difficili la ricerca e gli studi empirici.
http://it.wikipedia.org/wiki/D%C3%A9j%C3%A0_vu


Ultima modifica di ELEMENTO il Sab 12 Dic 2009, 19:51 - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:18

Déjà vu: un mistero psicologico

Mi è capitato di recente che mi chiedessero "che cos'è il déjà vu?" e lì, su due piedi, al tavolino di un bar, non è stato facile dare una risposta.
Perchè il déjà vu ha questo di strano: è un'esperienza molto comune e allo stesso tempo non se ne sa quasi nulla.
Per coloro che non l'hanno mai provato spieghiamo che per "déjà vu" si intende: la sensazione soggettiva che una situazione sia stata già percepita precedentemente, associata alla consapevolezza che non può essere accaduto.
Alla fine del diciannovesimo secolo gli psicologi produssero qualche spiegazione di questo strano e misterioso fenomeno, ma poichè si presentava troppo raro e troppo effimero da catturare in laboratorio e siccome non produceva alcun comportamento esterno misurabile, la psicologia lo archiviò presto in un cassetto con su scritto “interessante, ma inspiegabile”.
Nel corso degli ultimi venti anni, forte dei progressi nel campo delle neuroscienze, qualche ardito studioso ha riaperto il cassetto e ha cercato di tirar fuori una spiegazione convincente che si armonizzasse con le conoscenze acquisite sul funzionamento del cervello.
Il prof. Alan S. Brown, psicologo alla Southern Methodist University ha scritto un libro nel 2003 dal titolo "The Déjà Vu Experience: Essays in Cognitive Psychology" (Psychology Press) in cui fa il punto sulla situazione della ricerca.
In questa review Brown stima che il 60% della popolazione generale abbia avuto almeno una esperienza di déjà vu, in maggiore frequenza sotto stress (Neppe, 1983); la durata tipica di un episodio non supera una manciata di secondi.

Secondo Brown le teorie attuali sul déjà vu possono essere classificate in quattro sottogruppi:
1) Spiegazioni puramente neurologiche: il déjà vu sarebbe il risultato di una breve disfunzione/interruzione del sistema nervoso, simile a quelle causate dall’epilessia.
Questa idea trova supporto nella constatazione che i soggetti epilettici riferiscono spesso episodi di déjà vu proprio prima di un attacco. I ricercatori hanno inoltre scoperto che il déjà vu può essere attivamente indotto stimolando elettricamente certe regioni del cervello.
Nel 2002 il medico austriaco Josef Spatt ha suggerito che il déjà vu possa esser causato da un breve e inappropriato attivarsi della corteccia paraippocampale che è notoriamente associata con la capacità di rilevare la familiarità. In altri termini mentre si sta osservando una scena nel presente si attiverebbe erroneamente questa porzione del cervello che le attribuirebbe "per sbaglio" le caratteristiche che normalmente accompagnano un ricordo consapevole.





2)La teoria del processamento duale. Nel 1990 Pierre Gloor condusse alcuni esperimenti che suggerirono la possibilità che la memoria coinvolgesse due distinti sistemi neurali uno per il recupero del ricordo e un altro per la "sensazione di familiarità". Secondo il neuroscienziato il déjà vu si verificherebbe nei rari momenti in cui il nostro sistema per la familiarità è attivato e quello del recupero mnestico no.

3)La teoria attenzionale suggerisce che il déjà vu sia il frutto di una “doppia percezione”. L'informazione in entrata sarebbe processata pre-attentivamente cioè in maniera non cosciente, subliminale se preferite. A questo punto si verificherebbe una sorta di piccolo black out e immediatamente dopo l’informazione verrebbe riprocessata in maniera attenzionale cioè consapevole.
La sensazione di familiarità sarebbe dovuta semplicemente al fatto che quella porzione di mondo, pur non accorgendomene minimamente, “l’ho già vista” un attimo prima.

4)Le teorie mnestiche. Queste teorie ( che sono le più romantiche se vogliamo) propongono che il déjà vu sia scatenato da qualcosa che abbiamo davvero visto o immaginato prima, sia nella vita cosciente che nella letteratura, in un film o in un sogno. Sostengono che un singolo elemento familiare appartenente a un altro contesto sia sufficiente a scatenare una esperienza di déjà vu. Ad esempio se mi succede a casa del mio nuovo vicino è probabile che quel divano color ocra che ha in salotto sia identico nel colore e nell’aspetto a un divano della casa di campagna di mia nonna, ma io non posso riconoscerlo in questo nuovo contesto.
Si tratterebbe insomma di un errore di memoria: il ripescaggio di un elemento senza che sia accessibile il contesto complessivo. E' un po’ quello che capita quando siamo sicuri di riconoscere una persona e non riusciamo a ricordare assolutamente chi sia e dove l’abbiamo vista prima.

Ma il bello (o il brutto a seconda dei punti di vista) deve ancora venire: esistono persone che soffrono di dejavecu cronico, lo sperimentano continuamente lungo il corso della giornata e sono continuamente persuasi di aver già vissuto mentre vivono!
E’ apparso due giorni fa un articolo (scaricabile pdf) su questo incredibile disturbo mai studiato prima d’ora, pubblicato sulla rivista Neuropsychologia a firma di Chris Moulin e colleghi dell’Institute of Psychological Sciences dell’Università di Leeds.
Il dott. Moulin ha raccontato le amare bizzarrie che sperimentano i suoi pazienti e la necessità di incentivare lo studio di questo fenomeno, vero e proprio rompicapo del cervello.

http://psicocafe.blogosfere.it/2006/02/deja-vu-un-mist.html
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:20

Déjà vu

QUANTE VOLTE NE ABBIAMO SENTITO PARLARE? OPPURE...CI E' ACCADUTO IN PRIMA PERSONA...MA COS'E' UN Déjà vu?


Il déjà vu (in Francese /deJavy/ "già visto"), chiamato anche paramnesia è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.

Il termine fu creato da un ricercatore psichico francese, Emile Boirac (1851–1917), nel suo libro L'Avenir des sciences psychiques (Il futuro delle scienze psichiche), espansione di un saggio che scrisse quando ancora era studente all'Università di Chicago. L'esperienza del déjà vu è accompagnata da un forte senso di familiarità, ma di solito anche dalla consapevolezza che non corrisponde realmente ad una esperienza vissuta (e quindi si vive un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità"): l'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno. In alcuni casi invece c'è una ferma sensazione che l'esperienza è "genuinamente accaduta" nel passato.

Per tentare di spiegare scientificamente il fenomeno, una possibile ipotesi generale (di basso livello interpretativo o inferenziale) sembra essere quella di una sensazione di familiarità (e quindi: "già visto") falsa, e cioé dovuta ad una alterazione (patologica o momentanea; selettiva o pervasiva) delle funzioni cognitive di riconoscimento (attenzione) e recupero (memoria). Questo senso di familiarità, ad alto valore emotivo, si può estendere (pervasivamente) a tutti gli elementi presenti in quel momento nell'ambiente percepibile, anche se nuovi. Altresì potrebbero rimanere normali (selettivamente) altre funzioni cognitive: da ciò proverrebbe, ad esempio, la consapevolezza per cui "ma no, non è vero: non l'ho già vissuto" che in molti casi si prova, in discordanza con la sensazione.

Il déjà vu sembra essere molto comune; in studi formali il 70% o più della popolazione ha riportato di avere avuto un déjà vu almeno una volta. Riferimenti all'esperienza del déjà vu si trovano anche nella letteratura del passato, ad indicare che non è un fenomeno nuovo. Comunque, in un ambiente di laboratorio, è estremamente difficile evocare un déjà vu, rendendolo una materia con pochi studi empirici.
http://darkgothiclolita.forumcommunity.net/?t=9919091
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:21

Ricerca scientifica

Negli ultimi anni, il déjà vu è stato soggetto di seri studi psicologici e neuropsicologici. La spiegazione più accreditata, secondo gli scienzati di questi campi, è che il déjà vu non è un atto di "precognizione" o di "profezia", ma è in realtà un'anomalia della memoria; è l'impressione di "richiamare alla memoria" un'esperienza che è falsa. Ciò è confermato dal fatto che nella maggior parte dei casi il senso di "reminiscenza" nel momento del déjà vu è forte, ma alcune circostanze dell'esperienza "precedente" (quando, dove e come è accaduta) restano incerte. Allo stesso modo, col passare del tempo, dei soggetti possono mostrare un ricordo forte di aver avuto lo "sconvolgente" déjà vu, ma uno debole o nullo dei dettagli dell'evento/i che stavano "ricordando" quando hanno avuto il déjà vu, e, in particolare, questo potrebbe risultare da una sovrapposizione tra i sistemi neurologici responsabili della memoria a breve termine (eventi che si percepiscono come presenti) e quelli responsabili della memoria a lungo termine (eventi che si percepiscono come passati).

Alan S. Brown è uno studioso che ha dedicato un libro al Deja-vu (The Déjà Vu Experience: Essays in Cognitive Psychology. Psychology Press, 2003) in cui sono riportate le maggiori teorie.

1) Teorie neurologiche. Si tratterebbe di una epilessia breve e circoscritta che causa una disfunzione del sistema nervoso. In particolare, Josef Spatt ha collocato la sede nella corteccia paraippocampale (in particolare nel giro paraippocampale e nelle sue connessioni con la neocorteccia), associata con la capacità di giudicare la familarità. L'ipotesi sembra supportata da evidenze sperimentali (articolo pubblicato sulla rivista Neuropsychiatry Clin. Neurosci. 14:6-10, February 2002) perché, al verificarsi del fenomeno, l'attivarsi della corteccia paraippocampale può essere escluso selettivamente ("slegato") dalfunzionamento normale di altre strutture cerebrali (la corteccia prefrontale e l'ippocampo propriamente detto), legate alle funzioni mnemoniche e cognitive.

2) Teoria del processamento duale. Pierre Gloor (1990) spiegherebbe il deja-vu come una momentanea e rara (o, per i suoi studi su pazienti cronici, patologica) disattivazione del sistema di recupero della memoria - distinto e indipendente da un altro sistema mnestico di sensazione di familiarità, che rimane attivo e causa il fenomeno ("sto già vedendolo, so che l'ho già visto, ma non riesco a recuperarlo").

3) Teoria attenzionale. Una interruzione (un "black out" o un "reset") nella continuità dell'attenzione causerebbe un riprocessamento dell'informazione. L'interruzione ne avrebbe fatto dimenticare la presenza e non è consapevole; la percezione - o meglio la sensazione della percezione - invece permarrebbe attraverso un altro canale non cosciente. Da qui la sensazione di familiarità ("l'ho già visto un attimo prima").

4) Teorie mnestiche. All'interno del campo di attenzione ci sarebbe un elemento appartenente a un ricordo realmente memorizzato (e probabilmente avvenuto); questo elemento però, a causa di un errore di memoria per cui non si riesce a richiamare anche il contesto complessivo, sarebbe sufficiente a richiamare la sensazione di familiarità ("c'è qualcosa in questa situazione che mi ricorda... no, ho già visto proprio tutta questa situazione").

Un'ultima e recente teoria che rientra in quest'area (ma anche nelle altre teorie, non escludentisi a vicenda) è quella proposta da Susumu Tonegawa (premio Nobel in medicina, ricercatore del MIT per cui la causa del deja-vu risiederebbe in una temporanea incapacità della memoria episodica (2006). Il riscontro oggettivo è ipotizzabile ancora nel giro dentato ippocampale ed in particolare in un gruppo di neuroni denominate "place cells" che si attiverebbero per riconoscere un luogo come già noto, e per cui non occorre ricostruire una rappresentazione (una mappa neurale). Il ricercatore comunque ha cercato (e trovato) evidenze sperimentali in animali (topi) e non nell'uomo.



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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:21

Collegamenti a disturbi mentali


È stata trovata una correlazione clinica tra déjà vu e disturbi mentali come la schizofrenia e l'ansietà (in particolare in situazioni di attacchi di panico contraddistinte da intensità e breve durata, 2-8 minuti), la probabilità di sperimentarne cresce considerevolmente con soggetti in queste condizioni. Tuttavia, la più forte associazione patologica del déjà vu è con l'epilessia del lobo temporale.

La possibilità di una correlazione ha condotto alcuni ricercatori ad ipotizzare che il déjà vu è forse un'anomalia legata ad una scarica elettrica scorretta nel cervello. Poiché la maggior parte delle persone soffre di qualche lieve, cioè non patologico, episodio epilettico (ad esempio l'improvvisa "scossa", tecnicamente uno spasmo ipnagogico, che si prova talvolta prima di addormentarsi), si pensa che una simile (lieve) aberrazione capiti durante il déjà vu, con il risultato di un "ricordo" erroneo. Secondo l'eminente studioso italiano A. Di Giacomo può essere anche considerata una "defaillànce del cervello".
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:22

Parapsicologia

Il déjà vu è associato con precognizione, chiaroveggenza o percezioni extra-sensoriali, ed è frequentemente citato come un'evidenza delle abilità "psichiche" della popolazione generale. Spiegazioni non-scientifiche attribuiscono questa esperienza a profezia, visioni (ad esempio ricevute in sogni) o memorie di vite passate.
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:22

Sogni
Alcuni credono che il déjà vu sia il ricordo dei sogni. L'ipotesi è che, seppure vengano solitamente dimenticati prima del risveglio, i sogni possano lasciare qualche traccia non comune all'esperienza presente nella memoria a lungo termine. In questo caso, il déjà vu potrebbe essere il ricordo di un sogno dimenticato con elementi in comune all'esperienza presente.


Fenomeni correlati

Déjà vécu: il senso di aver già vissuto un'esperienza
Jamais vu: esplicitamente il non ricordare di aver visto qualcosa prima. La persona sa che è successo prima, ma l'esperienza non le è familiare.
Presque vu: il ricordare quasi, ma non del tutto, qualcosa. È la sensazione del "ce l'ho sulla punta della lingua".
Déjà visité: la strana conoscenza di un posto nuovo. Qui uno potrebbe sapere la strada da percorrere in una nuova città o in un nuovo ambiente, sapendo contemporaneamente che questo non dovrebbe essere possibile. Oltre ai sogni, per spiegare questo fenomeno si sono evocate la reincarnazione ed anche il viaggio fuori dal corpo.
Déjà senti: il sentire qualcosa di nuovo. Al contrario del déjà vu e del déjà vécu, che implicano la precognizione, questo si riferisce in modo specifico ad una sensazione mentale. Alcuni epilettici del lobo temporale potrebbero fare un'esperienza del genere.
Déjà eprouvé: "già provato a fare".
L'esprit de l'escalier: il ricordare qualcosa quando è troppo tardi, ad esempio una risposta intelligente ad un commento critico.
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:23

Riferimenti popolari

Nel film del 1999 The Matrix, il personaggio di Neo ha un déjà vu (benché la sua esperienza sia leggermente diversa da un déjà vu propriamente detto: Neo vede un gatto che passa due volte di seguito). Trinity spiega a Neo che «il déjà vu è un errore di Matrix. Succede quando loro [gli agenti di Matrix] cambiano qualcosa».

Déjà vu è il nome di un'attrazione da parco divertimenti (comunemente detta "montagne russe") a forma di boomerang gigante invertito ("Super Invertigo") prodotta da Vekoma che è in funzione a Six Flags America, Six Flags Magic Mountain e Six Flags Over Georgia.
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:30

Da dove proviene quella sensazione di déjà vu?

Un evento che, per alcuni studiosi, anticipa un’esperienza ancora da vivere, una sorta di sogno premonitore “Sono già stata qui”, “Ho già vissuto questo momento”, “Ho già visto questa persona”... Scherzo della memoria, dell’inconscio o delle emozioni? Ecco alcune tracce per comprendere questo fenomeno così diffuso...

A volte può sembrare solo un leggero sfasamento della nostra vita di tutti i giorni. Una cena tra amici ed ecco sorgere la sensazione di aver già visto quella scena in ogni suo minimo dettaglio al punto che, per alcuni secondi, si può addirittura prevedere come evolverà. Ma che dire quando, invece, il déjà-vu ci sorprende in una città straniera o mentre parliamo con degli sconosciuti? Anche se ciò che vediamo non ha alcun legame oggettivo con la nostra memoria, luoghi, persone, avvenimenti, tutto ci sembra stranamente familiare. È una sensazione nella quale si mescolano sorpresa, incredulità, inquietudine e curiosità: un tocco di magia? Un varco in una dimensione parallela? Il fugace risveglio di un dono paranormale che permette di uscire dal tempo, di vedere il futuro, di rivivere il passato? E poi, improvvisamente, tutto svanisce. In pochi istanti il passato ridiventa noto, il presente incerto, il futuro misterioso. Ma l’impressione di aver partecipato a un evento difficilmente definibile permane in noi, nonostante le ultime scoperte scientifiche stiano facendo luce su questo fenomeno


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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:31

L’eterno ritorno dell’uguale


Chi di noi ha provato l’esperienza del déjà-vu, sa che non è facile dimenticarsene. Forse perché mette in discussione la nostra percezione del tempo, la nostra coscienza e persino il nostro inconscio, come afferma il filosofo Remo Bodei, autore di Piramidi di tempo. Storie e teorie del déjà-vu (Il Mulino). Anche se l’espressione déjà-vu fu coniata solo nel 1876, il fenomeno, spiega Bodei, ha suscitato grande interesse fin dall’antichità. I filosofi platonici e pitagorici vi vedevano la reminiscenza di una vita passata. Gli stoici, lo consideravano una manifestazione dell’“eterno ritorno dell’uguale”. Aristotele, invece, famoso per il suo senso pratico, ha tentato di ridurre il fenomeno a un semplice turbamento della psiche. Ma niente da fare: il déjà-vu ha conservato in- torno a sé un’aura di mistero e di magia. E una fonte di ispirazione così ghiotta non poteva certo lasciare indifferenti artisti, scrittori e poeti. “No, tempo, non ti vanterai del fatto che io cambi!”, esclama infatti Shakespeare in un sonetto, perché “i tuoi monumenti, per me, non sono nulla di nuovo [...] solo nuove vesti per cose già viste”. Nel XIX secolo, questo fenomeno diventa una tappa forzata per molti letterati, da Dickens a Baudelaire, da Châteaubriand a Proust, che in Alla ricerca del tempo perduto, defi- nisce questi fenomeni “intermittenze del cuore”.

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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:33

Ricordi che riemergono


Nemmeno Freud resiste alla tentazione di dare un senso al fenomeno: il risorgere, incompleto, di un ricordo rimosso per nascondere un trauma o un desiderio impudico. E fa l’esempio di una ragazza che, di fronte a un amico in fin di vita, ha l’impressione di es- sere già stata al suo capezzale, salvo poi ricordare che pochi mesi prima suo fratello aveva rischiato la vita e lei aveva desiderato diventare la figlia unica della famiglia. “Per quanto riguarda le rare sensazioni di déjà-vu che ho sperimentato io”, aggiunge Freud, “si tratta solo di un improvviso risveglio di concetti o progetti immaginari (sconosciuti e inconsci)”. Il déjà-vu, allora, non sarebbe altro che l’espressione dei nostri desideri segreti, proprio come i sogni? Il suo discepolo ungherese Sándor Ferenczi, pur condividendo queste idee, aggiunge che si potrebbe trattare del ricordo di un sogno dimenticato, evocato, per associazione, da alcuni particolari della scena. “Siccome l’inconscio non ha un tempo lineare e contiene indistintamente passato, presente e futuro”, spiega Flaminia Nucci, psicanalista junghiana a Milano, “per Jung il déjà-vu è una connessione tra i particolari della scena e un’esperienza passata di cui non abbiamo memoria cosciente, oppure l’‘anticipazione’ di un’esperienza che ancora deve avvenire, avvicinandosi in questo senso al sogno premonitore”.


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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:34

Un difetto della percezione
Ricordo nascosto, desiderio segreto o rappresentazione simbolica, il déjà-vu non ha niente a che vedere con il paranormale o con la reincarnazione: lo dice la scienza che, sostenendo l’ipotesi di un cortocircuito del cervello, come aveva ipotizzato Aristotele, dà un colpo di spugna alle fantasticherie. Lo studio dell’epilessia, le cui crisi sono spesso precedute da episodi di déjà- vu, ha permesso ai neurologi di trovare la causa di questa impressione: un malfunzionamento nella regione del cervello che gestisce la memoria autobiografica. È possibile provocarlo attraverso una stimolazione elettrica del cervello e uno studio condotto all’Università di Leeds, in Gran Bretagna, tenta oggi di riprodurlo attraverso l’ipnosi. Secondo un’altra interpretazione, si tratterebbe di un leggero slittamento, provocato dalla fatica o dallo stress, nel meccanismo neuronale incaricato di distinguere il noto dall’ignoto: il nostro cervello scambierebbe per ricordi le informazioni inviate dai sensi. Ed è proprio questa la spiegazione che se ne dà in Matrix, il celebre film dei fratelli Wachowski: il déjà-vu è un glitch, termine inglese che sta per “piccolo guasto nel sistema”, causato da una improvvisa riprogrammazione del software che tiene intrappolate le menti dei protagonisti... In ogni caso, il déjà-vu non sarebbe altro che una falsa impressione alla quale attribuiamo un senso che, come quasi tutto ciò che ha a che fare con l’inconscio, è ancora da scoprire... Ma in attesa di ulteriori sviluppi nella ricerca, perché rinunciare al piacere di questi momenti così poetici? Perché non concederci la fantasia di viaggiare nel tempo, di controllarlo, di sfuggirgli? Una piccola dose di magia non fa mai male, a patto di prenderla a dosi omeopatiche...


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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:34

Una forma di estasi mistica
Il filosofo Remo Bodei ha dedicato un importante volume allo studio e alla storia del déjà-vu: Piramidi di tempo. Storie e teoria del déjà-vu (Il Mulino). Ecco un breve estratto:“Gli attimi del déjà-vu si rivestono talvolta dei solenni parametri dell’ekstasis (dell’esperienza di fuoriuscita dal tempo ordinario) e assumono la fisionomia di stati privilegiati dell’esistenza. È come se, grazie a loro, si lacerasse un velo e avessimo la subitanea visione di uno scenario profondo ed enigmatico [...]. O come se, addirittura, essi ci permettessero di udire l’eco d’esistenze anteriori e di avvertire tonalità emotive di struggente malinconia, di gioia esplosiva o di orrore paralizzante. [...] costituiscono ancora un prezioso spiraglio che - dal punto di vista scientifico, poetico, storico e teorico - permette di gettare uno sguardo su fenomeni di maggiore complessità ed estensione”.


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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:39

LE BASI NERVOSE DELL’EMPATIA
E L’ESTASI MISTICA



Si aprono continuamente nuovi campi di ricerca scientifica. La percezione degli individui, anche quando esula dalla “normalità”, diventa oggetto di studio, d’analisi scientifica. Si vuole indagare che cosa succede nel cervello della persona quando la persona afferma di fare o percepire cose inusuali. E quando la scienza accumula un numero di testimonianze sufficienti riconosce l’esistenza di fenomeni che lei non conosce. La scienza indaga.

Quando le testimonianze si accumulano, allora siamo in presenza delle necessità della scienza di riconoscere le basi biologiche dell’empatia, la capacità dell’uomo di percepire il mondo senza la necessità di descrivere fenomeni. Ciò che alla scienza sfugge è sempre una vecchia questione: l’organizzazione della scienza! Organizzare la ricerca della conoscenza: il ricercatore separato dal soggetto su cui compie la ricerca.

La scienza agisce sempre su “topi da laboratorio”. Analizza e seziona oggetti statici. Lo scienziato è “giudice di una situazione”. Lo scienziato analizza cosa succede nel cervello in chi prova quelle sensazioni, non è lui stesso a provare quelle sensazioni. Chi prova le sensazioni è un soggetto immerso nella vita, nelle contraddizioni dell’esistenza, lo scienziato si separa da queste per “poter ricercare”. Nel far questo lo scienziato studia l’empatia dell’altro. L’altro gli racconta che cos’è la sua capacità empatica e lo scienziato dice: “In questo momento vengono sollecitati questi e quei neuroni!”. Però non riesce a percepire la sensazione di chi quelle sensazioni, quelle emozioni, quelle percezioni le sta vivendo. Per cui non può capire la pratica d’insieme del soggetto che gli permette di innescare la propria empatia. Non conosce l’intensità della percezione empatica. Non conosce le possibilità del soggetto di usare quelle percezioni nel suo quotidiano.

Così lo scienziato ha accumulato una serie di testimonianze che dimostrano che esiste quella sensazione, ma non sa che cosa sia. Però, dimostra che quando il soggetto ha quella sensazione, qualcosa succede nel suo cervello. Lo scienziato non sa che cosa succede nella sua mente, nella sua coscienza, nella modificazione della sua capacità di percezione nel mondo. Lo scienziato registra. Non sa come quella specifica sensazione si può esprimere in quell’individuo, mentre non si esprime in maniera coerente, nello stesso modo, in tutti gli altri individui.

Entrare in contatto con il cervello di un altro o un’esperienza religiosa portano ad attivare aree precise del cervello. La scienza questo lo può leggere. Può leggere l’attivazione dell’area cerebrale quando noi siamo in sintonia con qualcuno. Spostiamo lo sguardo, mettiamo attenzione in cose diverse, sincronizziamo la nostra attenzione, o, addirittura, quando sintonizziamo il nostro corpo e la nostra psiche su quella di un altro o quella degli oggetti del mondo che ci circondano.

Quando abbiamo un’esperienza religiosa, nella quale entriamo in sintonia con il sacro che ci circonda e che fa vibrare il sacro dentro di noi, il ricercatore vede attivarsi delle connessioni cerebrali.

Questo fiume di emozioni che fuoriesce dai nostri sentimenti e avvolge il mondo circostante è un atto di magia. Un atto di magia che si fissa nell’individuo trasformandone il modo attraverso il quale guardare e rapportarsi col mondo.

La scienza dice di poter capire che ad un’esperienza corrisponde l’attivazione di aree precise del cervello, ma la scienza afferma anche che se si attivano quelle aree del cervello non si ha quell’esperienza. Ciò tuttavia si produce qualche cosa nell’individuo: un’altra esperienza. C’è una correlazione fra l’attivazione di quell’area cerebrale e l’esperienza mistica o l’esperienza di sincronicità col mondo, ma, dice la scienza, è necessaria l’esperienza mistica o la sincronicità col mondo perché questa si fissi nell’individuo. Non basta attivare la medesima area per ottenere il medesimo effetto.

Dice la scienza: “Ci sono dati che suggeriscono che, indipendentemente dalle credenze religiose individuali, la stimolazione di certe aree del cervello fa provare sensazioni che ricordano, dal punto di vista fenomenologico, le esperienze dei grandi mistici del passato”.” “Fa provare sensazioni che ricordano...” Ma se l’individuo prova l’esperienza dei “mistici”, certamente attiva quell’area cerebrale solo che, in più, fagocita quell’esperienza che egli stesso ha cercato, coltivato, imposto, attraverso la sua azione. Se si attiva l’area si ha la sensazione, ma se si ha l’esperienza questa si fissa in noi attivando l’area.

Ed è la differenza fra l’uomo religioso e colui che ha avuto mille allucinazioni.

L’uomo religioso ha fagocitato la propria esperienza nella relazione fra sé e il mondo circostante. Ha trasformato quest’esperienza in conoscenza da trasmettere; chi prova allucinazioni trasmetterà soltanto le sensazioni allucinatorie che ha provato.

Eppure, probabilmente, entrambi hanno attivato la stessa area cerebrale!

http://www.federazionepagana.it/percezioneextrasensoriale05.html
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:43

Estasi


L'estasi (dal greco ἐξ στάσις, ex-stasis, essere fuori) è uno stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che viene percepita a volte come estraniata dal corpo (da qui la sua etimologia, a indicare un "uscire fuori di sé").

Nonostante la diversità delle culture e dei popoli in cui l'estasi è stata sperimentata, le descrizioni circa il modo in cui essa viene raggiunta risultano straordinariamente simili. Si afferma di provare in questi momenti una sorta di annullamento di sé, e di identificazione con Dio o con l'"Anima del mondo".
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:44

Estasi


Estasi, l' «uscire fuori di sé» (in greco ékstasis) che per molte tradizioni filosofiche e religiose indica lo stato di comunione o identificazione col divino raggiunto dall'individuo. Come frutto di esperienza mistica, l'estasi costituisce la tappa culminante di un processo che conduce a Dio attraverso il progressivo abbandono di ogni esperienza sensibile e intellettuale. Nella teologia cristiana patristica e scolastica l'estasi viene considerata ora come la forma più alta di contemplazione (Bernardo di Clairvaux, Ugo e Riccardo di San Vittore), ora come la condizione escatologica di deificazione cui tende l'intero creato, considerato neoplatonicamente nel suo processo di ritorno verso la quiete divina (Scoto Eriugena). La preparazione all'estasi da parte del singolo presuppone un rigoroso esercizio di purificazione morale; in alcuni autori è presente la convinzione che essa sia raggiungibile attraverso una congiunzione intima con il principio divino che abita nell'anima umana (la scintilla animae di Johannes Eckhart); in altri si insiste sulla gratuità della visione estatica, e si sottolinea il suo carattere di dono eccezionale da parte di Dio (Agostino, Confessiones, IX). Nella filosofia contemporanea il termine è usato da M. Heidegger per indicare le tre dimensioni del tempo (Essere e tempo, par. 65), in quanto la temporalità è l'essere «fuori di sé» (proiettato verso il mondo presente, o verso il passato e il futuro) dell'«esserci», cioè dell'uomo.
http://www.riflessioni.it/enciclopedia/estasi.htm
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:46

sensazioni univoche di estasi:



Chiunque nel corso della propria esistenza abbia provato una sensazione di gioia indescrivibile, un'emozione incontenibile o un forte senso di esaltazione tale da far pronunciare parole del tipo: "non sto più nella pelle", "non sto in me dalla gioia", è stato protagonista di un'estasi. Il termine, derivante dal greco "ékstasis" che significa star fuori di sé, descrive infatti uno stato della coscienza accompagnato da sensazioni intense di benessere emotivo, di illuminazione o di pace in cui un individuo viene a trovarsi in conseguenza di particolari esperienze piacevoli.


In numerose culture religiose l'estasi è considerata come un dono divino che apre un canale di comunicazione tra gli uomini e gli dei o un mezzo per raggiungere verità assolute: in questo caso essa è definita "mistica". Sotto l'aspetto fenomenologico l'estasi mistica è assolutamente identica ad altre forme di esaltazione emotiva, ciò che cambia è il significato che un soggetto le attribuisce. Pertanto, non ha nulla di sovrannaturale e l'aspetto divino è solo un'attribuzione di un determinato contesto culturale. Alcuni ambienti religiosi sono in grado di creare un clima suggestivo così intenso e ricco di aspettative mistiche al punto da indurre addirittura visioni in un fervido credente.
Un'identica esperienza di estasi può essere interpretata diversamente in differenti tradizioni culturali. Un cattolico la definisce come un rapimento divino, uno sciamano indiano può considerarla come un'illuminazione determinata dagli spiriti del suo villaggio, mentre per un pastore nomade del Kenya o un capo tribù della Nuova Guinea è solo l'espressione della sua forza e della sua virilità. In quest'ultimi casi, l'estasi non assume nemmeno connotazioni religiose ma è considerata come un fenomeno del tutto naturale. Un soggetto in stato di estasi non vede e non sente nulla che non appartenga già al suo patrimonio culturale, i cosiddetti messaggi che l'estatico riceve sono strettamente legati alla sua tradizione storica e non hanno alcun significato per altre.
Sensazioni di estasi accompagnate da visioni, alterazioni della sensibilità, intensi sentimenti di gioia e di beatitudine, sono frequenti anche in alcuni disturbi psicopatologici di natura isterica o in alcune forme di epilessia e lesioni cerebrali, come quelle del lobo temporale. Questi disturbi, se non vengono riconosciuti come tali e un soggetto li esprime in un contesto particolarmente religioso, saranno considerati come i segni di un'estasi mistica.
Infine, uno stato di estasi può anche essere riprodotto artificialmente e volontariamente mediante l'assunzione di sostanze allucinogene; in ogni caso, affinché l'esperienza venga vissuta come autenticamente mistica, è necessario che chi la vive abbia una forte aspettativa in tal senso.


http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100256
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:48

Percezione extrasensoriale

Viene chiamata percezione extrasensoriale o ESP (acronimo dell'espressione inglese Extra-sensory perception) ogni ipotetica percezione che non possa essere attribuita ai cinque sensi. Un sinonimo diffuso a livello popolare è anche sesto senso. L'uso di questo termine sottintende la ipotetica esistenza di canali di informazione estranei e sconosciuti alla scienza e, infatti, gran parte degli studi al riguardo si muovono al di fuori del metodo scientifico.

Le percezioni extrasensoriali vengono chiamate in modi diversi a seconda della loro natura:

capacità di prevedere il futuro (precognizione)
capacità di percepire visivamente cose non visibili naturalmente (chiaroveggenza)
capacità di comunicare con il pensiero (telepatia)
Il campo di studio delle percezioni extrasensoriali (e di altre presunte manifestazioni paranormali come la psicocinesi) è chiamato parapsicologia. La persona che si ritiene possieda tali facoltà è detta sensitivo (o paragnosta soprattutto se collegato alla retrocognizione; medium se invece afferma di comunicare con entità spirituali come ad esempio i defunti).

http://it.wikipedia.org/wiki/Percezione_extrasensoriale
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:50

esistenza delle percezioni extrasensoriali


Il dibattito sull'esistenza o meno delle percezioni extrasensoriali è molto acceso. Da un lato i sostenitori dell'esistenza di questi fenomeni portano a sostegno delle loro tesi alcune ricerche, dall'altro vengono sollevati dubbi significativi sulla validità metodologica di questi studi.

Più in particolare se da un lato i parapsicologi affermano che taluni esperimenti come gli esperimenti ganzfeld mostrerebbero prove dell'esistenza delle percezioni extrasensoriali, dall'altro la comunità scientifica contesta questi esperimenti gravemente carenti di rigoroso metodo scientifico oltre che di solida base teorica
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeSab 12 Dic 2009, 19:50

Chiaroveggenza

La chiaroveggenza è la capacità di acquisire conoscenze di eventi, luoghi o oggetti, che possono essere lontani (nel tempo o nello spazio) oppure nascosti, attraverso una presunta percezione extrasensoriale.

La parola deriva dal francese clairvoyance, «visione chiara», e questa dal latino clarus, «chiaro» e videre, «vedere»; a seconda del contesto si può intendere sia alla lettera come percezione di tipo visivo, sia in senso esteso come acquisizione generica di conoscenza; in questo senso esteso è chiamata anche telestesia o metagnomia.
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiaroveggenza
Chi è dotato di chiaroveggenza è chiamato chiaroveggente.

La chiaroveggenza, come termine della parapsicologia, è distinta dalla divinazione poiché in quest'ultima le conoscenze provengono da una fonte soprannaturale come una divinità o un ente spirituale, mentre nella chiaroveggenza provengono direttamente dalle capacità del sensitivo. Tuttavia questa distinzione non è sempre rispettata: sia nell'uso comune sia nell'uso letterario i termini "chiaroveggenza" e "chiaroveggente" sono talvolta utilizzati anche per pratiche di tipo divinatorio, come la chiromanzia o la cartomanzia; c'è chi addirittura li usa per indicare una spiccata perspicacia di tipo intellettivo, che è però estranea sia alla chiaroveggenza sia alla divinazione
La credenza che esistano fenomeni di chiaroveggenza esiste da sempre in tutte le culture. In Occidente, uno dei primi chiaroveggenti ad acquisire grande notorietà fu, nel XVIII secolo, il mistico svedese Emmanuel Swedenborg, che suscitò perfino l'attenzione di Kant, nell'opera I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica (1766). La chiaroveggenza era anche uno dei fenomeni attribuiti ai pazienti di Franz Mesmer.

Durante l'epoca d'oro dello spiritismo, a cavallo tra XIX e XX secolo, numerosi medium affermavano di poter praticare la chiaroveggenza, che è stata studiata scientificamente dalla Society for Psychical Research a partire dal 1882.

Alcuni parapsicologi ritengono che chiaroveggenza, telepatia e precognizione siano manifestazioni diverse di uno stesso fenomeno; tuttavia non è ancora stata formulata una teoria soddisfacente di quale possa essere tale meccanismo, né tantomeno sono state trovate fino ad ora prove scientifiche che tali fenomeni esistano davvero.

Alcuni medium e sensitivi, tra i quali l'olandese Gerard Croiset, hanno affermato di poter individuare attraverso la chiaroveggenza persone scomparse (generalmente deceduti dei quali non è ancora stato ritrovato il cadavere).
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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitimeDom 13 Dic 2009, 00:40

salve,due giorni fà ho avuto un dejavu`,mi sembrava fosse accaduto gia in passato,la scena in cui mi trovavo,ma non so esatamente quando.


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MessaggioTitolo: Re: Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità?   Déjà vu : estasi,chiarovegenza oppure misticità? Icon_minitime

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