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 LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA

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Sarà operativo tra qualche giorno il progetto del Centro Europeo di Nanomedicina, guidato dal ricercatore italiano Francesco Stellaci, che si occuperà soprattutto della cura del cancro attraverso le nanotecnologie.
Il programma scientifico del Centro è stato presentato oggi a Milano alla presenza del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, del presidente della Fondazione Centro Europeo di Nanomedicina, Adriano De Maio, insieme a Carlo Borsani e Ferdinando Cornelio, rispettivamente Presidente e Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico "Carlo Besta". Tale programma aggrega al suo interno 10 centri di ricerca pubblici e privati, con un investimento di 6,8 milioni di euro da parte della Regione Lombardia.

http://www.wellme.it/salute/malattie-e-cure/679-cancro-e-nanotecnologie-nasce-il-cen
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Il cancro si mimetizza... Ma ora si è scoperto il "trucco"

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Il tumore (in basso) si "traveste" da linfonodo e creando un ambiente ricco di fattori regolatori come TGF-beta, iNOS e IDO, educa le cellule del sistema immunitario (linfociti T di tipo CD4, CD8 e regolatori, indicati da sfere verdi, azzurre e rosa rispettivamente) a tollerare le sue cellule tumorali che si trovano all'interno del falso linfonodo. Nei veri linfonodi l'inganno non riuscirebbe e il sistema immunitario risponderebbe in modo appropriato contro il tumore.

Gli autori dello studio sono Jacqueline D. Shields, Iraklis C. Kourtis, Alice A. Tomei, Joanna M. Roberts, Melody A. Swartz. Lo studio, Induction of lymphoid-like stoma and immune escape by tumors that express the chemokine CCL21, pubblicato su Science

Come fa un cancro a evadere la sorveglianza del sistema immunitario? Un meccanismo chiave è stato recentemente scoperto al Politecnico di Losanna (Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, EPFL). Uno studio condotto dall'equipe di Melody Swartz, professore e direttore del laboratorio di meccano-biologia e morfogenesi (LMBM), ha mostrato come un tumore evita l'attacco da parte del sistema immunitario adottando le caratteristiche di un linfonodo e creando l'ambiente favorevole al suo sviluppo. Questa scoperta, pubblicata su Science e Science Express il 25 marzo scorso, mette in luce l'importante ruolo che assume il sistema linfatico nella malattia. E apre la strada a possibili trattamenti innovativi contro il cancro.

MIMETICO «Il tumore inganna il corpo umano facendosi passare per un tessuto sano», descrive Melody Swartz. Per comprendere a fondo come riesca a farsi tollerare dal sistema immunitario, Swartz e la sua equipe hanno concentrato i loro sforzi su una proteina chemoattrattiva normalmente presente nei nodi linfatici, e che serve ad attirare i linfociti T e a "programmarli" a svolgere le funzioni immunitarie vitali e difendere l'organismo. I ricercatori hanno scoperto che alcuni tumori sono capaci di secernere questa proteina e di assumere l'aspetto esteriore di un linfonodo: attirando i linfociti T e programmandoli esattamente come farebbe un normale linfonodo, questi tumori riescono a farsi riconoscere come inoffensivi dal sistema immunitario e a svilupparsi inosservati.

Poiché la maggior parte dei tumori non può progredire se non sfuggendo alla sorveglianza del sistema immunitario, la scoperta di questo complesso meccanismo mimetico potrà rivelarsi decisiva: «L'aver scoperto che i tumori possono attirare linfociti T e "educarli in situ" avrà delle implicazioni importanti, specialmente per quanto riguarda lo sviluppo di nuove terapie immunitarie nella lotta contro il cancro», conferma Jacqueline Shields, ricercatrice in LMBM.
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MessaggioTitolo: Re: LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA   della - LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA Icon_minitimeSab 02 Gen 2010, 18:56

Nanoparticelle: l'anello mancante nella terapia genica tumorale

Introdurre acidi nucleici nelle cellule attraverso nanoparticelle
Nanoparticelle per chemioterapia
I ricercatori che si occupano di cancro, nonostante i numerosi ostacoli incontrati nel corso del tempo, hanno studiato la terapia genica come cura sperimentale da impiegare nella lotta alle patologie che portano al decesso del paziente. Un team di ricerca composto da scienziati europei, grazie allo sviluppo di una nanoparticella in grado di trasportare, in modo selettivo, i geni antitumorali alle cellule tumorali, è ora riuscito ad ottenere risultati potenzialmente molto positivi. I ricercatori, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Cancer Research, sperano che gli esperimenti sugli esseri umani possano iniziare nel 2011.

Secondo i ricercatori, la mancanza di sicurezza della terapia, così come l'efficienza dei vettori di trasferimento genico di tipo sistemico, hanno influito negativamente sul potenziale della terapia genica nell'applicazione clinica. Nello studio precedente il team aveva scoperto che nei topi affetti da tumore è possibile procedere alla trasfezione delle cellule tumorali - ovvero il processo di introduzione di acidi nucleici nelle cellule per via non virale - mediante le nanoparticelle di dendrimeri di polipropienimine.

Tenendo in considerazione la necessità di aumentare il margine di sicurezza della terapia, i ricercatori hanno analizzato la stabilità colloidale delle nanoparticelle e l'esatta biodistribuzione del trasferimento genico nell'intero fisico del soggetto in vita.

"La terapia genica ha un enorme potenziale per quanto riguarda la creazione di cure antitumorali sicure ed efficaci, ma il trasferimento dei geni all'interno delle cellule cancerose costituisce una delle sfide più ardue che si pongono in questo ambito," ha spiegato il dottor Andreas Schatzlein dell'università di Londra, co-autore dello studio.

"Questa è la prima volta che viene dimostrato che le nanoparticelle sono in grado di bersagliare in modo tanto mirato le cellule tumorali. Si tratta di un passo avanti estremamente significativo."

Per questo studio, il team di ricerca ha utilizzato i dendrimeri di polipropienimine come vettori dei geni, osservando che questo specifico dendrimero forma un complesso stabile con il DNA che pare spezzarsi esclusivamente una volta all'interno delle cellule tumorali.

"La caratterizzazione biofisica che abbiamo effettuato dimostra che i dendrimeri, una volta legati al DNA, sono in grado di formare in modo spontaneo nella soluzione una formazione supramolecolare che presenta tutte le caratteristiche necessarie per la sua diffusione nei tumori sperimentali grazie all'effetto di aumentata permeabilità e ritenzione (enhanced permeabilità and retention effect - EPR)" hanno scritto gli autori.

Nonostante i test siano stati svolti esclusivamente sui topi, i ricercatori ritengono di poter avviare gli esperimenti sugli esseri umani entro i prossimi due anni. Questa tecnica potrebbe rivelarsi efficace per pazienti affetti da tumori non operabili proprio perché non altera le cellule sane.

Sotto la guida di Georges Vassaux dell'Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica (INSERM) in Francia, il team ha dimostrato che, una volta che i geni sono stati inglobati dalle nanoparticelle, le cellule vengono forzate a produrre proteine in grado di uccidere le cellule cancerose.

"Introdottosi nelle cellula, il gene inglobato nella particella riconosce l'ambiente cancerogeno e si attiva," ha affermato il dottor Schatzlein. "L'effetto danneggia esclusivamente le cellule tumorali, mentre i tessuti sani non vengono alterati."

Secondo quanto affermato dai ricercatori, le cellule producono il gene NIS (Na/I symporter) che è rilevabile con l'esame di diagnostica per immagini denominato "whole body scan". Mentre il gene trasfettato era espresso nelle cellulle cancerose, il suo livello non è stato giudicato rilevante all'interno delle cellule sane, aggiungono gli scienziati.

"Considerando che l'immagine diagnostica del gene NIS dell'espressione del transgene è stata recentemente convalidata negli esseri umani, i dati da noi raccolti evidenziano il potenziale di queste nanoparticelle per la nuova formulazione della terapia genica tumorale," sottolineano i ricercatori.

Hanno inoltre partecipato allo studio l'Instituto Aragonés de Ciencias de la Salud (Spagna), l'università di Bordeaux (Francia) e il London National Health Service Trust (Regno Unito).


http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=6632
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Cuocere le cellule tumorali con le nanotecnologie


Una nuova tecnologia sviluppata da un gruppo di ricercatori inglesi che potrebbe essere pronta per i test clinici in meno di tre anni.
La nuova terapia usa delle nanoparticelle che si posizionano all'interno del tumore. Queste nanoparticelle ferromagnetiche vengono poi riscaldate al passaggio di un apposito bastoncino, che agisce cambiando rapidamente il loro campo magnetico è coordinata dal Prof. Quentin Pankhurst, fisico dell' University College di Londra e direttore dei Davy-Faraday Research Laboratories .
Riscaldare le cellule di 5-6 gradi centigradi manda in shock le cellule del cancro annientandole.
Il trattamento da shock termico, infatti, si e' dimostrato utile per sconfiggere il cancro, ma e' problematico da usare senza danneggiare anche i tessuti sani e potrebbe uccidere il paziente, quindi e' necessario bersagliare solo le cellule tumorali.
Due tipi di intervento:
- usare delle cellule staminali per produrre le nanoparticelle magnetiche,
- usare degli anticorpi per trasportarle e farle legare ai tumori
Entrambi le metodiche sono state sperimentate con successo, per adesso su cavie di laboratorio ottenendo una riduzione del cancro ai polmoni del 40 %.
Nel futuro, secondo i ricercatori, anche i medici di base potrebbero avere un bastoncino magnetico che fa aumentare la temperatura delle cellule tumorali, per poter curare i pazienti con sessioni settimanali di mezz'ora.
I primi pazienti a testare la metodica saranno gli ammalati di cancro ai polmoni, testa e collo, tumori che non rispondono efficacemente alle terapie standard.
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Diagnosi contro i tumori Università, ospedali e privati alleati per le nanotecnologie







La nanomedicina lombarda si mette in rete. È stato firmato ieri al Pirellone un protocollo per avviare la collaborazione tra università e soggetti pubblici e privati per arrivare con il tempo alla costituzione di un centro lombardo per lo sviluppo delle nanotecnologie che ha l' ambizione di diventare il primo polo europeo per la ricerca e l' applicazione di tali tecniche nella lotta contro il cancro. «Tutta la medicina - ha detto Umberto Veronesi - è stata reinterpretata da quando è stata completata la decodificazione del Dna. E le nanotecnologie aprono frontiere inesplorate». Obiettivo immediato, la partecipazione al settimo programma quadro dell' Unione Europea e accedere ai fondi dedicati. Nel concreto, si intendono sviluppare soluzioni avanzate - come i nanoagenti e i nanovettori - per la diagnostica precoce e lo screening di massa per la prevenzione dei tumori, delle malattie genetiche e di quelle genetiche cardiovascolari. Secondo una nota del Pirellone, l' obiettivo è quello «identificare dei precursori patologici in esami radiologici o minimamente invasivi, quali delle semplici analisi del sangue o della saliva, nel corso di check-up di routine, disponibili per tutti». L' accordo è «un' alleanza di sistema - ha detto il presidente Formigoni - che consente lo sviluppo di potenzialità in grado di proiettare la Lombardia come capitale della conoscenza e della salute, ponendoci all' avanguardia nella ricerca in campo biomedico e biotecnologico». L' accordo è stato firmato da Università di Pavia, l' Università e il Politecnico di Milano, il Policlinico-Mangiagalli-Regina Elena, la Scuola Europea di Medicina Molecolare, Stmicroelectronics, le fondazioni Ieo e Ifom e Genextra.


http://archiviostorico.corriere.it/2007/marzo/22/Diagnosi_contro_tumori_Universita_ospedali_co_7_070322024.shtml
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Nanotecnologie e un fungo per combattere il cancro

agosto 2008 - Un nuovo farmaco che potrebbe rivelarsi una nuova arma contro il cancro è stato sviluppato utilizzando la nanotecnologia e un fungo derivante da un esperimento di laboratorio.
Conosciuto con il nome sperimentale di TNP-470, questo composto è un inibitore di angiogenesi su cui hanno lavorato per oltre vent’anni i ricercatori della Harvard Medical School.
Il farmaco viene assunto mediante una pillola, trattata con materiale nanotecnologico per proteggerla dagli acidi dello stomaco, che non presenta secondo gli studi effetti collaterali e che già testata sui topi ha mostrato una buona efficacia contro diversi tipi di tumore.
Attraverso la somministrazione orale il farmaco permette anzitutto di evitare la metastasi al fegato.
L’articolo correlato è pubblicato sull’ultimo numero di Nature Biotechnology.



http://www.biotecnologia.it/news/web_evento.php?id=174
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Tecnoscienze
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Una nuova speranza per il tumore
Cancro: nuovo farmaco creato da un fungo e dalle nanotecnologie

La scoperta e' avvenuta per caso

Washington, 1 lug. - Un esperimento andato male potrebbe aver rivelato una rivoluzionaria cura contro i tumori. E' accaduto negli Stati Uniti, dove, secondo la rivista Nature Biotechnology, uno degli ultimi esperimenti dell'ormai scomparso dottor Judah Folkman sarebbe stato contaminato da un fungo, avvenimento che ha rivelato applicazioni terapeutiche del tutto insospettate.

Il nuovo farmaco antitumore sviluppato da Folkman, chiamato iodamina, agisce infatti sui vasi sanguigni che nutrono il tumore, bloccandone l'attività e di conseguenza riducendo lo sviluppo del carcinoma. L'unico problema erano i pesanti effetti collaterali derivati dall'uso del farmaco, effetti che possono essere evitati proprio grazie all'introduzione di polimeri tramite le nanotecnologie.

Grazie al rivestimento polimerico, il principio attivo riesce a raggiungere l'intestino del paziente senza essere sciolto dagli acidi dello stomaco. La cura ha rivelato di essere efficace contro varie forme di tumore, tra cui le affezioni alla prostata, al seno, alle ovaie e all'utero. Il rivoluzionario metodo dovrebbe essere disponibile appena terminati tutti i test clinici.
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Nanoparticelle contro le cellule tumorali


della - LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA Nanoparticelle_cancro
In alternativa ai farmaci per il cancro usati fino ad oggi, che colpiscono indiscriminatamente sia le cellule sane sia le cellule malate, un gruppo di ricercatori australiani ha messo appunto delle nanoparticelle per somministrare gli agenti terapeutici esclusivamente alle cellule cancerose.
La nuova tecnica, sperimentata sui topi e pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology, sfrutta delle nanoparticelle, o minicellule, ricavate da batteri da cui è stato rimosso il materiale genetico. Il lato molto interessante del lavoro, come spiega Jennifer MacDiarmid, coautrice dello studio, è che “le minicellule – EDV (EnGeneIC Delivery Vehicle) – operano come cavalli di Troia: arrivano alle porte delle cellule malate e viene sempre permesso loro di entrare”.
Le EDV funzionano in questo modo: prima di tutto penetrano nelle cellule cancerose dove causano la perdita dell’acido ribonucleico (RNA). Questa molecola normalmente trasporta l’informazione genetica del DNA dal nucleo cellulare al citoplasma, dove poi, insieme a particolari organelli cellulari, i ribosomi, determina la sintesi delle proteine. Perdendo l’RNA le cellule malate sono disarmate, non posso più produrre proteine e sono suscettibili alla chemioterapia. Questa fase è molto importante perchè permette di eliminare tutti gli sgradevoli casi di resistenza ai farmaci che spesso nella terapia tumorale si presentano.
Successivamente, circa una settimana dopo, le minicellule, caricate con farmaci anticancro, entrano nelle cellule cancerose e le uccidono.
Fino ad ora la sperimentazione dell’EDV è stata effettuata solo nei topi, ma ben presto al Cancer Centre del Royal Melbourne Hospital con la collaborazione di scienziati dell’università di Melbourne inizieranno le sperimentazioni umane su pazienti di tumori solidi alla testa, al collo, ai polmoni, fegato e colon.


http://www.bioblog.it/2009/07/04/nanoparticelle-contro-le-cellule-tumorali/20097391
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http://www.ifom-firc.it/res_05/download/210405_01/fb_presentation.pdf



GUARDATEVI QUESTO LINK IN :PDF...
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La ricerca nel campo delle nanotecnologie non si ferma. Anzi, nel settore medico gli studi della nanotecnologia porteranno presto degli enormi benefici.
Ne è convinto Mauro Ferrari, docente di Ingegneria biomedica, Medicina e Scienza dei materiali presso la Texas University, presidente del Texas Nanotechnology Consortium e fondatore della Alliance for Nanotechnology in Cancer.
In un’intervita rilasciata a Repubblica Ferrari ha spiegato gli obiettivi delle sue ricerche e i motivi per cui in Italia siamo indietro rispetto al resto dei Paesi più avanzati.
Ferrari e i ricercatori con cui collabora a livello internazionale vogliono realizzare nano farmaci intelligenti in grado di rilasciare la sostanza necessaria al corpo umano nel punto giusto e al momento opportuno.
Lo scienziato spiega che il corpo umano è pieno di barriere biologiche che impediscono ai principi attivi di raggiungere le cellule malate. Ma grazie alla terza generazione di nano farmaci si può superare questo limite: i nuovi trasportatori di nanoparticelle riconoscono le cellule malate e vi riversano elementi diversi in base alla parte della cellula in cui si trovano.
Sinora le sperimentazioni condotto a livello animale hanno dato esito positivo e Ferrari promette che nel giro di 24 mesi inizierà anche la sperimentazione sull’uomo.
Per raggiungere questi obiettivi sono necessari investimenti che diano anche dei rendiconto economici, una controparte commerciale. Laboratori universitari e aziende devono lavorare fianco a fianco e suscitare poi l’interesse delle grandi multinazionali farmaceutiche.
In questo modo i finanziamenti non finiscono per essere a fondo perduto, ma generano un circolo virtuoso che fa bene alla salute dell’uomo e all’economia.
Una modalità di lavoro che Ferrari giudica al momento inapplicabile in Italia, dove, nonostante la grande presenza di talenti, il rapporto tra laboratori di ricerca e imprese è molto più difficile.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono al minimo e questa non può generare di certo competitività e innovazione.

Autore: Arianna Bernardini
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Mi permetto di postare il link del sito della A.I.T.C - Associazione Italiana Tumori Cerebrali- al suo fianco troverete anche dei link in alternaza che possono essere utili.

http://www.tumoricerebrali.it/
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Medicina - Nanotecnologie contro il cancro, primi test nel 2010


della - LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA 593026_C_3_TopNews_75295_fotoRoma, 5 nov. (Apcom) - Una nuova terapia anticancro che sfrutta la nanotecnologia sarà sperimentata su dei pazienti già il prossimo anno: è quanto pubblica il quotidiano britannico The Times.
Il medicinale da impiegarsi contro le cellule tumorali viene infatti affidato a una nanoparticella in grado di colpire solo le cellule interessate e di eludere l'intervento del sistema immunitario: in questo modo si ottiene una maggior efficacia della terapia e si minimizzano anche gli effetti collaterali. Il test clinico riguarderà 25 pazienti e se avrà successo, aprirà la strada a un nuovo farmaco entro i prossimi cinque anni: inizialmente la tecnica era stata messa a punto contro il tumore alla prostata ma dovrebbe essere efficace anche contro altri tipi di tumori solidi come quelli al seno, ai polmoni o al cervello.

La nanoparticella è stata battezzata Bind 014 ed è stata progettata per risolvere tre dei principali problemi nella somministrazione di un farmaco: come garantire che il principio attivo giunga nella zona corretta, come regolarne il rilascio nell'organismo e come impedire al sistema immunitario di riconoscerlo come estraneo e quindi eliminarlo. Bind 014 è formata da quattro elementi, il primo dei quali è il principio attivo - nel caso in questione, un farmaco chemioterapico - ricoperto da un polimero biodegradabile che si scioglie poco a poco nel corso di diversi giorni, assicurando un rilascio graduale.

La "testata" farmacologica è a sua volta ricoperta da uno strato di glicole polietilenico, che "nasconde" la particella al sistema immunitario; infine, alla superficie della nano particella sono attaccati degli speciali enzimi in grado di ancorarsi solo a della molecole che si trovano sulle cellule tumorali (nel caso della prostata l'antigene Psma, presente però anche nelle cellule malate in altri tumori solidi). Il vantaggio è quindi quello di ottenere un'alta densità del farmaco nelle zone dove effettivamente serve e bassa altrove, aumentando l'efficacia della cura e riducendo gli effetti collaterali.



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Medicina/ Nanotecnologie contro il cancro, primi test nel 2010

Roma, 5 nov. (Apcom) - Una nuova terapia anticancro che sfruttala nanotecnologia sarà sperimentata su dei pazienti già ilprossimo anno: è quanto pubblica il quotidiano britannico TheTimes.Il medicinale da impiegarsi contro le cellule tumorali vieneinfatti affidato a una nanoparticella in grado di colpire solo lecellule interessate e di eludere l’intervento del sistemaimmunitario: in questo modo si ottiene una maggior efficaciadella terapia e si minimizzano anche gli effetti collaterali.Il test clinico riguarderà 25 pazienti e se avrà successo, apriràla strada a un nuovo farmaco entro i prossimi cinque anni:inizialmente la tecnica era stata messa a punto contro il tumorealla prostata ma dovrebbe essere efficace anche contro altri tipidi tumori solidi come quelli al seno, ai polmoni o al cervello.La nanoparticella è stata battezzata Bind 014 ed è stataprogettata per risolvere tre dei principali problemi nellasomministrazione di un farmaco: come garantire che il principioattivo giunga nella zona corretta, come regolarne il rilascionell’organismo e come impedire al sistema immunitario diriconoscerlo come estraneo e quindi eliminarlo.Bind 014 è formata da quattro elementi, il primo dei quali è ilprincipio attivo - nel caso in questione, un farmacochemioterapico - ricoperto da un polimero biodegradabile che siscioglie poco a poco nel corso di diversi giorni, assicurando unrilascio graduale.La “testata” farmacologica è a sua volta ricoperta da uno stratodi glicole polietilenico, che “nasconde” la particella al sistemaimmunitario; infine, alla superficie della nano particella sonoattaccati degli speciali enzimi in grado di ancorarsi solo adella molecole che si trovano sulle cellule tumorali (nel casodella prostata l’antigene Psma, presente però anche nelle cellulemalate in altri tumori solidi).Il vantaggio è quindi quello di ottenere un’alta densità delfarmaco nelle zone dove effettivamente serve e bassa altrove,aumentando l’efficacia della cura e riducendo gli effetticollaterali.

http://italnews.net/top-news/medicina-nanotecnologie-contro-il-cancro-primi-test-nel-2010.html
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Nanotecnologie:
i geni in «navetta»
a caccia del tumore


La guerra contro il cancro schiera in campo le nanotecnologie: i ricercatori inglesi stanno infatti sperimentando un micro-involucro di geni anti-cancerogeni “a bersaglio”,indirizzati cioè solo alle cellule tumorali e non a quelle sane.

I test di laboratorio - I risultati dei trial clinici - per adesso effettuati solo sulle cavie, ma che si prevede di estendere all’uomo nel giro di un paio d’anni – sono stati pubblicati sulla rivista medica Cancer Research: i geni, spiegano gli scienziati, operano in maniera selettiva, riconoscono cioè le cellule malate e stimolano in queste soltanto la produzione di una proteina che distrugge il cancro. Si tratta pur sempre di sostanze tossiche, ma i tessuti sani non vengono presi di mira. Una terapia, aggiungono i ricercatori, particolarmente utile nel caso di tumori in aree nelle quali è difficile e pericoloso intervenire chirurgicamente, data la vicinanza di organi vitali quali i polmoni o il cervello.

Un trattamento “genetico” - Il micro-involucro di geni, inoltre, pare abbia meno effetti collaterali rispetto alla tradizionale chemioterapia che uccide indiscriminatamente cellule sane e malate dell’area affetta dal cancro e causa nausea, perdita di capelli, affaticamento.

Risultati incoraggianti - “Un passo avanti estremamente interessante – lo ha definito Andreas Schatzlein, coordinatore dello studio – che potrebbe permettere di sviluppare un trattamento clinico per i malati di tumore in un paio d’anni. È la prima volta che una terapia di questo genere viene sperimentata e i risultati degli esami fin qui condotti sono positivi. Sono però necessarie ancora ricerche ulteriori”.
http://salute24.ilsole24ore.com/biotech/innovazioni/1794_Nanotecnologie:i_geni_in__navetta_a_caccia_del_tumore.php
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Muffe nanotecnologiche contro i tumori

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Vecchio e nuovo insieme contro i tumori: una molecola derivata da una muffa scoperta vent'anni fa modificata recentemente grazie a tecniche nanotech apre una nuova strada nella lotta ai tumori. Nell'immagine: una muffa di aspergillus al microscopio. (Foto: ©️ fo.ol.) Grazie alle nanotecnologie approda nuovamente alla sperimentazione, dopo vent'anni dalla sua scoperta, una sostanza che si è dimostrata in grado di combattere efficacemente diversi tumori e, forse, anche altre gravi patologie. (Susanna Trave, 21 luglio 2008)

Vent'anni fa il clinico americano Donald Ingberg, notando l'accidentale contaminazione da parte di una muffa di una delle colture cellulari su cui stava lavorando, isolò una sostanza chiamata TNP-470 che aprì una nuova era nella cura dei tumori. Negli anni '90 però la sperimentazione clinica di questo farmaco venne interrotta a causa dei pesanti effetti collaterali che provocava e dell'eccessiva complessità del protocollo di somministrazione. Il principio attivo della molecola era però valido e le ricerche per modificarla così da renderla meno tossica e più maneggevole non si sono mai interrotte.

Formulazione nanotech. Ofra Benny e altri colleghi del Children's Hospital di Boston e dell'Harvard Medical School, avvalendosi delle più moderne nanotecnologie sono riusciti ad attaccare al TPN-470 due polimeri che lo proteggono dagli acidi gastrici creando un nuovo farmaco chiamato lodamina. Questa può essere assunta per via orale, passa inalterata attraverso lo stomaco e viene assorbita nel tratto intestinale giungendo direttamente alle cellule tumorali. Qui la sostanza attiva viene resa disponibile lentamente e inibisce significativamente la crescita tumorale senza evidenti effetti collaterali. Negli studi finora condotti su animali ha dimostrato inoltre di accumularsi nel fegato dove previene le metastasi.

Non solo contro i tumori. La lodamina, così come il TPN-470, è un potente inibitore dell'angiogenesi: agisce impedendo lo sviluppo dei vasi sanguigni che andrebbero ad alimentare le cellule tumorali la cui crescita viene in questo modo bloccata. Proprio per questo suo meccanismo d'azione i ricercatori credono che possa essere utile anche in altre patologie legate a una abnorme crescita vascolare, come la degenerazione maculare senile o l'artrite. Molte le aspettative, quindi, che speriamo non vengano disattese per altri 20 anni!
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Le nanotecnologie nella lotta contro i tumori


della - LA NANOTECNOLOGIA:UN FUTURO,MEDICO...OLTRE LE FRONTIERE..DELLA SCIENZA MEDICA Bovine+liver
Nella immagine che mi è stata gentilmente fornita dal Ce.Ri.Col, il Centro Ricerche Avanzate della Colorobbia SPA di Vinci (Firenze), si vede un vetrino di carne bovina in cui è stata impiantata una nanoparticella di un ossido di ferro. Successivamente il vetrino è stato investito da semplici onde radio e si vede chiaramente che attorno alla nanoparticella si registra un forte aumento della temperatura. Potrà sembrare strano, ma potrebbe essere veramente un'arma letale contro una delle malattie più letali: il cancro.
La lotta contro i tumori è una delle sfide più difficili per la medicina moderna. Qualche anno fa in Italia molto si parlò della somatostatina e del Dottor Luigi Di Bella, rimedio caduto nel dimenticatoio (secondo le chiacchere da bar perchè non interessava alle case farmaceutiche, in realtà di bufala si trattava...).
All'epoca facemmo ridere tutto il mondo civile: fu montato un caso politico basato sulla grave impreparazione tecnico-scientifica della nostra classe politica e sulla sua irresponsabile demagogia nei confronti di persone tanto disperate quanto prive di conoscenze scientifiche di base.
Venne poi il Dottor Folkmann con l'angiostatina, che doveva evitare la formazione di vasi sanguigni nella zona del tumore, uccidendolo per fame. La differenza fondamentale con la somatostatina è che, almeno in questo caso, si capiva il meccanismo di funzionamento del farmaco. Ma anche di questa via, che sembrava così promettente, si sono perse le tracce.
Adesso si sono aperte nuove possibilità, grazie alle applicazioni delle nanotecnologie. Nella ricerca contro il cancro si è appurato che le cellule tumorali sono più sensibili alla temperatura di quelle ordinarie: portandone la temperatura fin verso i 45 gradi, muoiono, mentre le cellule sane riescono ancora a resistere. Questo ha aperto una strada molto interessante: le nanotecnologie si basano sul fatto che un materiale, quando ridotto in dimensioni molto piccole, dell'ordine del milionesimo di millimetro, incrementa i valori di alcune sue caratteristiche o ne riceve di nuove.
Alcuni minerali ferromagnetici, come per esempio ferrite, magnetite ed altri ossidi, alla nanoscala incrementano le capacità magnetiche e quindi, se eccitati con onde radio, si riscaldano. Se le nanoparticelle vengono poste vicino a cellule tumorali e vegono investite da onde radio, il loro calore si irraggia nei dintorni e uccide le cellule malate.
Quindi curare il cancro con la “ipertermia fluida magnetica”, meglio nota con la sigla inglese MFH (Magnetic fluid Hypertermia) è una fra le possibili strade della ricerca.
Un vantaggio non trascurabile è che, essendo il corpo umano trasparente alle onde radio, non ci sarebbero particolari effetti collaterali. Quindi la MFH si porrebbe come una vantaggiosa alternariva alla chemioterapia, trattamento decisamente invasivo per il paziente e quindi duro da sopportare.
Ci sono ancora delle difficoltà: in primo luogo le particelle vanno protette con un guscio per evitare che il ciclo biochimico del ferro se ne impossessi e le digerisca. La tecnologia sta sviluppando dei “gusci” che contengano le particelle magnetiche e le isolino dall'esterno.
Ma la cosa più difficile potrebbe essere quella di inviarle nel posto giusto.
Vi ricordate il film “Salto nel buio” in cui il tenente pilota Tuck Pendleton (Dennis Quaid) partecipa ad un'esperimento che lo miniaturizza e la navicella con dentro Tuck viene inserita in una siringa e in seguito iniettata in una persona? Beh, sarà proprio così!!
Esiste nel corpo umano una eccellente rete di vasi sanguigni, che consente di arrivare dappertutto con i capillari (il concetto di capillarità, per esempio nella distribuzione delle merci, è un termine che dice proprio “arriviamo dappertutto”). Naturalmente i nanodispositivi devono essere più piccoli di un capillare, ma questo non è poi un grande problema, visto che lo devono essere anche per avere queste grandi proprietà magnetiche.....
Ci sono 3 possibilità: o farle girare fino a che non si fermano nei pressi del tumore (approfittando del fatto che nei pressi del tumore i vasi sanguigni sono rotti), o usare dei recettori specifici che “sentano” dov'è il tumore e quindi arrivati lì fermino la particella. La terza possibilità è guidare la particella usando un campo magnetico, la cosiddetta “consegna a guida magnetica del farmaco” o magnetic – targeted drug delivery.
Sarà la volta buona? Ci sono già i primi risultati in-vitro e in-vivo. Quelli in-vitro li ho visti e sono confortanti soprattutto dal punto di vista della estensione molto limitata della zona riscaldata, che garantisce quindi la sicurezza per le cellule sane vicine.
Non si sa ancora quando si potrà incominciare effettivamente a curare così il cancro. Due fatti mi fanno ben sperare: innanzitutto non si tratta del lavoro di un singolo o di una singola equipe: in tutto il mondo, Italia compresa come abbiamo visto all'inizio, ci sono gruppi di studio che se ne occupano. Poi il fatto che la ricerca prosegua zitta, senza clamori, anche se ogni tanto qualche notizia viene riportata.
E' chiaro comunque che la prevenzione dei tumori sarà sempre la strada maestra da seguire
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