IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO.
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ARMAGHEDON
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Dom 12 Dic 2010, 23:16
LONDRA - Torna l'incubo influenza A. Otto persone hanno perso la vita in Gran Bretagna per aver contratto il virus H1N1. Molte delle vittime erano già in cattive condizioni di salute. E' quanto ha reso noto la Health Protection Agency britannica, secondo la quale non è sorprendente che il cosiddetto "virus A" si ripresenti questo inverno. L'agenzia ha comunque evidenziato che il virus H1N1 è benigno per la maggior parte delle persone. Le categorie a rischio sono le donne incinte, gli anziani, i cardiopatici, gli ammalati di diabete e di patologie renali, epatiche e polmonari. La pandemia di influenza A sviluppata nell'inverno 2009 è stata dichiarata ufficialmente finita dall'Organizzazione mondiale della sanità il 10 agosto. Secondo il bilancio finale, la pandemia si è rivelata "moderata" e meno aggressiva di una normale influenza stagionale. http://www.romagnaoggi.it/esteri/2010/12/12/180392/
Mercurio88
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Mar 19 Gen 2010, 16:37
Vitamina B17 (Amigdalina o Laetrile) contro il cancro
La guerra contro il Cancro è stata definitivamente vinta cinquant’anni fa, ma nessun medico oncologo-ospedaliero ve lo confesserà mai. In realtà, la storia della “scoperta della cura del cancro” è vecchia, molto più vecchia, vecchia di almeno 150 anni, o forse più, volendo risalire fino a Ippocrate di Kos e a ciò che dicevano i medici romani già nel Secondo Secolo Dopo Cristo…. Phillip Day, nel suo libro “Cancro, se vuoi la vita prepara la verità”, Credence Publications, 2003, riprende gran parte del lavoro fatto dal grande scienziato americano Ernest Krebs, con le sue riscoperte in merito all’utilizzo della vitamina B17 nella cura del cancro.
Ciò che segue sono appunti parzialmente tratti da diversi testi fra cui il libro di Phillip Day, di cui comunque, da parte dell’autore del presente lavoro, dott. Giuseppe Nacci, non si condivide la teoria trofoblastica come noxa eziopatogenetica, preferendo invece ritenere il tumore come una “semplice conseguenza di carenze vitaminiche protratte nel tempo con successiva impossibilità da parte delle cellule vecchie di andare incontro alla normale apoptosi per carenza estrema di vitamine adatte al normale funzionamento apoptotico insito nel sistema del DNA”.
In questa luce, la vitamina B17 è una vitamina naturale di “seconda linea” che interviene quando le vitamine naturali (vedi capitolo 5: “vitamine NATURALI che fanno suicidare i tumori”) risultano essere insufficienti a tenere sotto controllo il turn-over cellulare, e cloni di cellule maligne hanno iniziato a formarsi nell’organismo, eludendo, almeno in parte, le difese immunitarie normalmente preposte, in primis nei linfonodi prossimali al tumore, come i linfociti Natural Killer (vedi Quinta Dichiarazione d’Intesa). La storia “moderna” della vitamina B17 iniziò nel 1830, quando due scienziati francesi, Roubiquet e Bontron-Chariand, purificarono per la prima volta una strana vitamina, a cui fu dato il nome di Amigdalina o vitamina B17.
Sette anni dopo, due scienziati tedeschi, Von Liebig e Woehier, scoprirono che questa strana vitamina, normalmente contenuta in tutti i semi della frutta (ad eccezione degli agrumi) poteva essere scomposta da uno specifico enzima, e soltanto da esso, in ioni-Cianuro, Benzaldeide e Glucosio. Il passaggio all’uomo, per terapie medico-oncologiche, seguì di pari passo, essendo anche nota nella Medicina Classica Occidentale l’utilizzo dei semi amari della frutta per la cura di una strana malattia metabolica, a quel tempo molto rara, chiamata “cancro”, ma che era conosciuta fin dall’antichità: ad esempio, nel Secondo Secolo Dopo Cristo i medici romani si erano accorti che il cancro era frequente nella popolazione povera di Roma e non di coloro che vivevano nelle campagne, ed avevano messo in relazione questa strana malattia con un’alimentazione troppo proteica e amidacea (legumi iperproteici come le lenticchie e pane povero di cattiva qualità).
Per leggere l'intero articolo andate al link seguente:
http://www.disinformazione.it/VitaminaB17.htm
Mercurio88
Titolo: Influenza suina e vaccino, la storia si ripete Sab 09 Gen 2010, 14:52
La tanto pubblicizzata influenza suina è storia che si ripete dal lontano 1976
Come molti sapranno, il virus dell’influenza A non è una novità, ma già era stato individuato parecchi decenni fa. Quello che invece non sa nessuno è che una vasta campagna di vaccinazione era stata avviata già nel 1976, su decisione del Governo degli Stati Uniti, e riguardava 43 milioni di persone. Essa però si è rivelata controproducente. Non solo la temuta epidemia non si è mai materializzata in quelle zone (a parte dei casi leggeri su 240 soldati di stanza a Fort Dix, NJ), ma circa 500 americani che avevano fatto il vaccino rilevarono una rara condizione neurodegenerativa chiamata sindrome di Guillain-Barré, che molti esperti ritennero legata proprio all’assunzione del medicinale. Venticinque di queste 500 persone sono morte. Ora i funzionari del Ministero della salute degli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione una riduzione della campagna di vaccinazione che potrebbe comportare 600 milioni di dosi di vaccino per l’H1N1 che attualmente sembrano indispensabili contro l’influenza suina.
"Non vi sarà alcun modo per essere certi [che non sia un fiasco] fino ai test di questa estate"
ha spiegato il Dott. Harvey Fineberg, presidente dell’US Institute of Medicine e autore del libro “L’epidemia che non c’è“, dove analizza il caso del focolaio del 1976. Un altro esperto concorda con lui. Si tratta del dottor Scott R. Lillibridge, professore presso la Texas A & M Health Science Center della Scuola di sanità pubblica rurale a Houston e direttore esecutivo del National Centerfor Emergency Medical Preparedness and Response:
"Noi non sappiamo che il vaccino è sicuro fino a quando non verrà dato ad un gran numero di persone. Ogni vaccino ha un rischio ed un profilo di sicurezza."
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Ven 08 Gen 2010, 13:33
Febbre suina: virus creato in laboratorio.
Pubblichiamo un articolo che pare confermare i sospetti della prima ora sulla cosiddetta influenza suina: avevamo ventilato la possibilità che ilvirus H1N1 fosse stato creato in un laboratorio degli Stati Uniti (non è la prima volta: si legga l'articolo di Donald W. Scott,Micoplasma: l'agente patogeno di collegamento nelle affezioni neurosistemiche) e poi sparso in Messico, ma anche altrove soprattutto con gli aerei. Si ricordi, infatti, che vari casi dell'influenza A sono stati segnalaticontemporaneamente in diversi stati anche molto distanti tra loro, come, ad esempio, il Messico e la Nuova Zelanda, sebbene i media di regime abbiano riportato la poco credibile notizia dei viaggiatori che, di ritorno dal Messico nei loro paesi di origine, hanno poi manifestato i sintomi della malattia. Nauralmente il virus è stato coltivato in laboratorio non per errore, ma affinché fosse diffuso e mietesse vittime. Si tratta di un ennesimo tentativo di causare una pandemia.
Il virologo australiano, Adrian Gibbs, che ha scoperto le singolari caratteristiche dell'agente patogeno, rischia come i numerosimicrobiologi che, negli ultimi decenni, sono stati eliminati? Questi scienziati avevano provato che nei vari laboratori di Stati Uniti e Canada venivano creati o manipolati virus e batteri da usare come armi contro l'ignara popolazione.
- Notizia riportata dai principali siti della stampa internazionale -
L'ipotesi di un virologo australiano: ''I geni dell'influenza A/H1N1 mostrano di essersi evoluti troppo rapidamente di quanto ci si aspetterebbe trattandosi di un virus che viene dai maiali''. Tra le possibili cause quello dell'errore umano. Al lavoro gli esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità. Confermato un secondo caso in Cina.
Roma, 13 maggio 2009 - (Adnkronos Salute/Ign) - Potrebbe essere stato creato in laboratorio, magari per errore (Sic!), il virus responsabile dell'influenza A/H1N1. Lo sostiene uno scienziato australiano, il virologo in pensione Adrian Gibbs. Sulla sua teoria, non ancora pubblicata sulle riviste scientifiche, ma riportata dai principali siti della stampa internazionale, stanno indagando l'Organizzazione mondiale della sanità e alcuni esperti internazionali in materia di influenza.
Secondo Gibbs, che studia l'evoluzione dei virus, il microrganismo non sarebbe un prodotto della natura. I geni del nuovo H1N1, sostiene, mostrano di essersi evoluti troppo rapidamente di quanto ci si aspetterebbe trattandosi di un virus 'cresciuto' nei maiali. Potrebbe aver trascorso del tempo in un ospite intermedio, prima di passare all'uomo, come volatili o mammiferi marini, ma potrebbe anche essere stato coltivato in uova di laboratorio - è la tesi dello scienziato australiano - e questo spiegherebbe l'insolita rapidità della sua evoluzione. Per sopravvivere in questo ambiente nuovo, spiega, il virus deve adattarsi rapidamente, cosa che invece non farebbe a tale velocità crescendo in un 'ospite' che già ben conosce. Il risultato sono le mutazioni genetiche identificate dagli scienziati nel nuovo H1N1. Le uova sono usate nei laboratori e nei siti di produzione di vaccini, per far crescere i virus influenzali.
Gibbs, che ha presentato le sue conclusioni a una rivista scientifica per la pubblicazione, ha informato della sua teoria l'Oms nel week end appena trascorso. "Non c'era alcun segnale - ha affermato il virologo, secondo quanto si legge sul 'Canadian Press' - che le autorità stessero seriamente prendendo in considerazione la possibilità che il virus fosse un prodotto di laboratorio. Mi è sembrata una buona idea venire allo scoperto e dire 'i dati mi fanno pensare questo. Sarebbe ora di indagare'". L'Oms ha chiamato a raccolta i ricercatori dei principali laboratori di virologia per verificare se quest'ipotesi ha fondamento. Gli esperti stanno ancora lavorando, ma le prime analisi non supporterebbero la teoria di un'origine del virus in laboratorio.
Intanto le autorità cinesi hanno confermato oggi un secondo caso di influenza da virus H1N1. A denunciarne i sintomi è stato un ragazzo di 19 anni rientrato dal Canada. Il test effettuato sul paziente ricoverato in isolamento in un reparto dell'ospedale di Jinan, nella provincia di Shandong, ha confermato il contagio. Migliorano intanto le condizioni di salute del primo paziente che si è ammalato dopo il suo rientro dagli Stati Uniti.
FONTE:http://www.tankerenemy.com/
O.V.N.I junior
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Ven 08 Gen 2010, 13:30
Mercurio88 ha scritto:
Scoperto un legame tra Alzheimer e leptina, ormone dell'appetito
In base ad uno studio americano pubblicato dal Journal of the American Medical Association (JAMA), la malattia dell'Alzheimer sarebbe legata ad un ormone dell'appetito, la leptina (http://it.wikipedia.org/wiki/Leptina) , che viene prodotto dalle cellule grasse dopo i pasti e ha lo scopo di informare il cervello che l'organismo è sazio. La ricerca è stata èseguita per più di 12 anni su oltre cento persone anziane e ha dimostrato che i soggetti con il minor tasso di leptina sono più soggetti a malattie neurologiche che quelle con un tasso più elevato. La scoperta, che corrobora anche recenti dati sperimentali che hanno mostrato come la leptina sia in grado di migliorare la memoria negli animali, viene vista dagli studiosi come un passo importante verso la cura di questa malattia che colpisce quasi 37 milioni di persone su tutto il pianeta.
INETERESSANTISSIMO POST...QUINDI SE HO CAPITO BENE....SE QUESTO ENZIMA FOSSE PIU PRESENTE NELLE PERSONE OBESE BHE IL CERVELLO VEREBBE INFORMATO DAL SISTEMA NERVOSO CHE LO STOMACO È SAZIO PUR NON AVVENDO MANGIATO....WOW UNA FRONTIERA VERSO LA DIETA INOVATTIVA
Mercurio88
Titolo: Malattie Neurodegenerative : Alzheimer, nuova scoperta Mar 05 Gen 2010, 20:56
Scoperto un legame tra Alzheimer e leptina, ormone dell'appetito
In base ad uno studio americano pubblicato dal Journal of the American Medical Association (JAMA), la malattia dell'Alzheimer sarebbe legata ad un ormone dell'appetito, la leptina (http://it.wikipedia.org/wiki/Leptina) , che viene prodotto dalle cellule grasse dopo i pasti e ha lo scopo di informare il cervello che l'organismo è sazio. La ricerca è stata èseguita per più di 12 anni su oltre cento persone anziane e ha dimostrato che i soggetti con il minor tasso di leptina sono più soggetti a malattie neurologiche che quelle con un tasso più elevato. La scoperta, che corrobora anche recenti dati sperimentali che hanno mostrato come la leptina sia in grado di migliorare la memoria negli animali, viene vista dagli studiosi come un passo importante verso la cura di questa malattia che colpisce quasi 37 milioni di persone su tutto il pianeta.
Titolo: Malattie Neurodegenerative : Alzheimer Mar 05 Gen 2010, 20:51
Alzheimer, malattia neurodegenerativa
Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 60 anni, ma può manifestarsi anche in epoca presenile - prima dei 60 anni) e prognosi infausta. Prende il nome dal suo scopritore, Alois Alzheimer. La malattia (o morbo) di Alzheimer è oggi definita come quel «processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale». In Italia ne soffrono circa 800 mila persone, nel mondo 26,6 milioni secondo uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, USA, con una netta prevalenza di donne. Definita anche "demenza di Alzheimer", viene appunto catalogata tra le demenze essendo un deterioramento cognitivo cronico progressivo. Tra tutte le demenze quella di Alzheimer è la più comune rappresentando, a seconda della casistica, l'80-85% di tutti i casi di demenza. La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, ovvero disturbi di quella che viene chiamata on-going memory (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno) e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l'esecuzione automatica di azioni) viene relativamente risparmiata. Ai deficit cognitivi si aggiungono infine complicanze internistiche che portano a una compromissione insanabile della salute. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi conclamata di malattia. Tuttavia una diagnosi certa di morbo di Alzheimer si ha solo con l'esame autoptico. Col progredire della malattia le persone non solo presentano deficit di memoria, ma risultano deficitarie nelle funzioni strumentali mediate dalla corteccia associativa e possono pertanto presentare afasia e aprassia, fino a presentare disturbi neurologici e poi internistici. Pertanto i pazienti necessitano di continua assistenza personale. A livello macroscopico, la malattia è caratterizzata da una diminuzione nel peso e nel volume del cervello, dovuta ad atrofia corticale, visibile anche in un allargamento dei solchi e corrispondente appiattimento delle circonvoluzioni. A livello microscopico e cellulare sono riscontrabili depauperamento neuronale, placche senili, degenerazione neurofibrillare, angiopatia congofila. La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, causata principalmente dalla betamiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (si tratta di un neurotrasmettitore: una molecola fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e ogni altra facoltà intellettiva). La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e quindi la morte.
http://it.wikipedia.org/wiki/Morbo_di_Alzheimer
Oltre ad una spiegazione della malattia allego un link utile con diverse informazioni, esso è il sito italiano sull'Alzheimer http://www.alzheimer.it/indice.html
Ultima modifica di Mercurio88 il Mar 05 Gen 2010, 21:02 - modificato 1 volta.
Mercurio88
Titolo: Nuove scoperte sulle forme più aggressive del cancro al cervello Dom 03 Gen 2010, 13:57
L'articolo che segue è stato tratto dal seguente link : http://www.sciencedaily.com/releases/2009/12/091223133329.htm sito dove vengono inserite tantissime notizie di medicina e non solo, essendo totalmente in inglese e non avendo a disposizione alcun sito gemello tradotto in italiano, l'articolo in questione è stato tradotto con un programma di traduzione, per cui mi scuso se l'italiano sarà in certe frasi poco scorrevole o se la traduzione non sarà totalmente esatta. Grazie
Scoperti due geni responsabili delle forme più aggressive di cancro al cervello.
ScienceDaily (24 dicembre 2009) - Un team di scienziati del Columbia hanno scoperto due geni che, quando attivati contemporaneamente, sono responsabili per le forme più aggressive di cancro al cervello umano. Questo risultato è stato reso possibile dal montaggio della prima rete globale di interazioni molecolari che determinano il comportamento di queste cellule di cancro, una mappa in modo complesso e sfuggente che, fino ad ora, non poteva essere costruito. La scoperta potrebbe portare a strategie completamente nuove per diagnosticare e trattare questi tumori incurabili. I risultati saranno pubblicati in una edizione on line di Nature avanzata il 23 dicembre 2009, da un team di scienziati Columbia guidato da Antonio Iavarone, MD, professore associato di neurologia del Herbert Irving Comprehensive Cancer Center, e Andrea Califano, Ph. D., direttore dell'Iniziativa Columbia in Systems Biology. I ricercatori hanno studiato un tipo di tumore umano, chiamato glioblastoma multiforme, che è tra le più letale, perché invade rapidamente il cervello normale produzione di tumori al cervello inoperabili. Recentemente, glioblastoma ha sostenuto la vita del senatore Edward Kennedy soli sedici mesi dopo la diagnosi. Prima di questo studio, i ricercatori sul cancro era piccola idea perché glioblastoma è così aggressivo. "Ora sappiamo che due geni - C / EPB e STAT3 - sono padrone della malattia 'manopole di controllo'," ha dichiarato il Dr. Iavarone. "Quando attivate contemporaneamente, di lavorare insieme per girare su centinaia di altri geni che trasformano in cellule del cervello molto aggressivo, le cellule migratori". I due geni sono attivi in circa il 60 per cento di tutti i pazienti di glioblastoma e di aiutare ad identificare i pazienti prognosi infausta. Tutti i pazienti nello studio di cui i tumori ha mostrato l'attivazione di entrambi i fattori sono morti entro 140 settimane dopo la diagnosi, mentre la metà dei pazienti senza questi fattori erano ancora vivi. "La scoperta indica che la soppressione di entrambi i geni contemporaneamente, utilizzando una combinazione di farmaci, può essere un potente approccio terapeutico per questi pazienti, per i quali non esiste un trattamento soddisfacente", ha detto il Dott. Califano. Questo approccio, denominato terapia di combinazione, è supportato da questo studio dal silenziamento entrambi i geni in cellule di glioblastoma umano completamente bloccato la loro capacità di formare tumori quando iniettate in un topo. Sulla base di questi risultati, gli scienziati Columbia ha ricevuto una sovvenzione dalla ripresa americana e Reinvestment Act per sviluppare farmaci specificamente volte a questi geni. Scoperti due geni con un approccio Systems Biology Ricercatori in campo biomedico di oggi sono come gli ingegneri della città cercando di ridurre gli ingorghi, senza una cartina stradale. Armati solo con un elenco di strade congestionate, gli ingegneri non sarebbe in grado di individuare il traffico o trovare il modo migliore per sbloccare loro. Ma con una mappa della città in mano, i cluster di congestione sarebbe subito diventato evidente con le soluzioni possibili. "Stiamo combattendo molto lo stesso problema del post-genomica", ha detto il Dott. Califano. "Il progetto genoma umano ha dato i biologi un elenco completo di meravigliosamente i nomi delle strade - i geni all'interno di ogni cellula umana. Sfortunatamente, ha fornito quasi nessuna comprensione di come tutti i geni possono lavorare insieme, all'interno di reti di controllo molto complesse, per operare il cellulare . In breve, i biologi bisogno di una mappa della cellula ". Trenta anni di sperimentazione di laboratorio hanno rivelato scorci della rete completa. Eppure, con migliaia di miliardi di potenziali interazioni tra i nostri geni e le strutture di rete differenti in celle diverse, la sperimentazione è il solo poche probabilità di successo. Le migliori stime indicano che solo il 10 per cento di tutte le interazioni molecolari in una cella sono compresi e solo una piccolissima parte di essi in ogni specifico tipo di cellule. Il Team Columbia, che comprende fisici e biologi, ha per la prima volta assemblati e validato sperimentalmente una tale rete cellulare di una cellula glioblastoma, una sfida estremamente complessa che ha richiesto nuovi approcci diversi provenienti da settori della teoria dell'informazione e della biologia computazionale. "Armati di un tale progetto del macchinario cellulare, ora possiamo porre domande a punta, come ad esempio che i geni sono responsabili per le caratteristiche più micidiale di questi tumori," ha dichiarato il Dr. Iavarone. Da questo modello, prodotto in laboratorio Dr. Califano, gli scienziati hanno identificato due geni del tumore regolatore master. Esperimenti condotti dal Dr. Iavarone in cellule di cancro al cervello e nel topo poi confermato l'esattezza della rete e l'importanza dei due geni. Discovery Accelera ricerca di una migliore Trattamenti, cambia il modo scienziati Investigate Malattia "L'identificazione di C / EPB e STAT3 è venuto come una sorpresa per noi, dal momento che questi geni non era mai stato coinvolto in prima tumore al cervello", ha detto il Dott. Iavarone. Basate su approcci tradizionali, il loro ruolo fondamentale può essere sfuggito ai ricercatori per un lungo periodo. "Dal punto di vista terapeutico, significa che non siamo più perdere tempo in via di sviluppo i farmaci contro i soggetti minori di cancro al cervello", ha aggiunto il Dr. Iavarone. "Ora possiamo attaccare i principali attori." Data la sua generalità, il nuovo approccio ha il potenziale per cambiare il modo di ricercatori non pensare solo di cancro, ma anche di molte altre malattie. Negli ultimi dieci anni, risme di dati sono stati generati dal progetto genoma umano e nuove tecnologie high-throughput che l'attività la misura di ogni gene all'interno di una cella. Eppure, i biologi del cancro modo di valutare questi dati sembra molto condizionati dagli scienziati del Columbia. In genere, i ricercatori confrontano i dati provenienti da cellule tumorali e cellule normali e si concentrano sui geni con il massimo cambiamento di attività. E 'come indagando su un incidente aereo e incolpando l'ala perché ha i maggiori danni. Le alterazioni effettivo che ha causato l'incidente - come le cause del cancro - può essere molto più sottile, come un piccolo circuito di controllo difettoso che mostra quasi nessun danno. Invece di concentrarsi sulle ali "danneggiato" del cancro, il nuovo approccio di rete consente ai biologi di individuare i geni causali di rintracciare i loro effetti a valle alla sorgente. Infatti, nel caso del glioblastoma, l'attività dei due geni maestro era praticamente identica nelle cellule tumorali rispetto alle cellule normali. Eppure, come un minuscolo interruttore di controllo provocando un incidente aereo, il loro effetto combinato si rivelò essere massiccia.
Mercurio88
Titolo: Malattie Neurodegenerative Dom 03 Gen 2010, 13:16
Interessante nuova scoperta da parte dei ricercatori inglesi, che potrebbe dare una nuova svolta alla lotta contro le malattie neurodegenerative.
Enzima potrebbe contribuire alla rigenerazione del sistema nervoso, secondo uno studio L'enzima Mst3b agisce come regolatore della rigenerazione assonale sia nel sistema nervoso periferico che in quello centrale Un team di ricercatori britannici e statunitensi, finanziati dall'UE, ha individuato un enzima che riveste un ruolo centrale nella rigenerazione delle fibre nervose (o assoni). L'enzima Mst3b (mammalian sterile 20-like kinase-3b) si è rivelato un attivatore della crescita degli assoni nel sistema nervoso centrale (CNS) e periferico (PNS). I risultati della ricerca - pubblicati nella rivista Nature Neuroscience - potrebbero aprire nuove possibilità per il trattamento dell'ictus, dei danni al midollo spinale e al cervello causati da incidenti.
L'autore principale dello studio, la dott.ssa Barbara Lorber, ha ricevuto un sostegno finanziario dal progetto AXON GROWTH KINASE ("Role of N-kinase in regulating central nervous system regeneration"). La borsa internazionale per un soggiorno all'estero Marie Curie ha permesso alla dottoressa Lorber, impiegata presso l'Univeristà di Birmingham nel Regno Unito, di eseguire la propria ricerca al rinomato Children's Hospital di Boston, negli Stati Uniti.
Già si sapeva che l'enzima Mst3b regola l'estensione assonale nei neuroni corticali embrionali nelle colture cellulari. Questo nuovo studio conferma che esso ha una funzione simile nei sistemi nervosi maturi. Di solito, il CNS non è in grado di rigenerare le fibre nervose danneggiate, e questo impedisce la guarigione dei danni riportati al cervello e al midollo spinale.
Attraverso l'esame di topi vivi che presentavano danni del nervo ottico, i ricercatori hanno constatato che la rigenerazione assonica aumentava se nei neuroni era presente l'enzima Mst3b. Dove l'enzima era assente, invece, gli assoni mostravano una scarsa rigenerazione. Quando l'enzima viene attivato, esso stimola a sua volta i segnali per l'attivazione dei geni necessari alla crescita assonale.
"Si osserva una tempestiva rigenerazione assonale nel sistema nervoso periferico maturo [...], ma non in quello centrale", si legge nell'articolo. "Il nervo ottico è un modello classico di percorso CNS che non si rigenera dopo essere stato danneggiato".
"Abbiamo dimostrato che Mst3b [...] è un regolatore centrale della rigenerazione assonale del nervo ottico e del nervo radiale adulto", conclude l'articolo. "Sarebbe importante indagare se Mst3b regola la rigenerazione assonale in altre parti del CNS e del PNS, e se l'espressione di una forma costituzionalmente attiva del Mst3b possa aumentare il livello di crescita attualmente raggiungibile dopo un danno del CNS. Questi e altri studi sui meccanismi molecolari attraverso i quali Mst3b funziona potrebbero aprire nuove vie per il trattamento dei danni del sistema nervoso centrale".
Ricerche future dovranno determinare se Mst3b sia il migliore stimolatore della crescita assonale, in prospettiva dello sviluppo di nuovi farmaci, dicono i ricercatori.
La borsa di studio AXON GROWTH KINASE è stata finanziata con 250.000 euro nell'ambito del Sesto programma quadro (6° PQ) ed era incentrata sul ruolo del Mst3b nella rigenerazione del nervo ottico in vivo.
http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=6674
Mercurio88
Titolo: Malattie Neurodegenerative Dom 03 Gen 2010, 13:14
Breve articolo sulla descrizione di alcune malattie neurodegenerative ricollegate ad una nuova scoperta. Le malattie neurodegenerative
Le malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la corea di Huntington e la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), sono patologie caratterizzate dalla perdita lenta e progressiva di una o più funzioni del sistema nervoso. Si tratta di forme invalidanti, finora trattate con scarsi risultati attraverso la somministrazione di farmaci puramente sintomatici.
Il numero di persone affette da neurodegenerazione è drammaticamente elevato. L’Alzheimer colpisce circa 600,000 persone solo in Italia (e più 5 milioni nel mondo) e questo numero è destinato, in assenza di trattamenti realmente efficaci, ad aumentare drasticamente a causa dell’innalzamento dell’età media quindi dell’aumento della quota di popolazione a rischio. I malati di Parkinson superano in Italia le 250,000 unità e, come accade per l’Alzheimer, sopra i 65 anni di età l’incidenza aumenta sensibilmente.
L’impatto sociale è devastante: malattie come l’Alzheimer sono progressive, hanno una durata media di 10 anni, durante i quali l’autonomia del paziente diminuisce richiedendo impegno e costi crescenti da parte della famiglia. Questi malati non sono, infatti, quasi mai ospedalizzati e oltre il 75% delle cure e dell’assistenza è fornita dalla famiglie, che vivono il dramma quotidiano di una emergenza sanitaria ancora irrisolta. In uno scenario di mancanza di valide soluzione terapeutiche la chiave per un miglioramento del quadro epidemiologico è la ricerca fondamentale volta a comprendere le cause e i meccanismi alla base di malattie neurologiche e neurodegenerative, unica strada possibile per arrivare a benefici clinici e diagnostici.
L’insorgenza di malattie neurodegenerative è da individuare nella ‘firma molecolare’ delle cellule nervose ‘malate’. Il deficit della memoria e la progressiva compromissione delle funzioni cerebrali, tipiche della malattia di Alzheimer, sono dovuti alla degenerazione di una popolazione particolare di neuroni, chiamati colinergici perché rilasciano acetilcolina e proprio attraverso questo neurotrasmettitore comunicano con altri neuroni e presiedono funzioni complesse come la memoria e il ragionamento. Dal punto di vista neuropatologico, i cervelli dei pazienti Alzheimer sono caratterizzati da placche costituite dall’accumulo di proteina beta-amiloide e dalla formazione di grovigli (ammassi neurofibrillari della proteina tau). Quindi, la triade costituita dalla distruzione dei neuroni colinergici, dall’accumulo di beta-amiloide e dai grovigli rappresentano le vere alterazioni che caratterizzano la malattia. In questo contesto, il gruppo di ricercatori EBRI e CNR, ispirandosi alle ricerche fondamentali e dando continuità alla scoperta della prof.ssa Rita Levi Montalcini, ha focalizzato la propria attività sullo studio della funzione del fattore di crescita delle cellule nervose, NGF per prevenire e curare la degenerazione della cellule colinergiche (Programma NGF). Un ampio numero di studi preclinici e clinici sono alla base di un potenziale approccio terapeutico per la malattia di Alzheimer, basato sulla somministrazione di NGF, attorno al quale i ricercatori dell'EBRI stanno lavorando. Facendo uso di una combinazione di tecniche diverse che includono biologia molecolare e cellulare, elettrofisiologia, genomica e proteomica, altri gruppi di ricercatori in EBRI seguono differenti linee di ricerca che mirano ad ottenere risposte sul ruolo dei neuroni nei circuiti della corteccia cerebrale e sui meccanismi molecolari che regolano l’apprendimento e la memoria, temi fondamentali per chiarire i difetti molecolari responsabili di patologie umane di estrema rilevanza sociale come le malattie neurodegenerative.
http://www.ebri.it/DOCUMENTO/767/go.aspx
Mercurio88
Titolo: Malattie della pelle : La Psoriasi Dom 03 Gen 2010, 12:08
Approfondimento Psoriasi
La psoriasi è una malattia cronica della cute, frequente, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Il primo sintomo è rappresentato dalla comparsa di una chiazza eritematosa associata a una sensazione di bruciore e di prurito. La psoriasi colpisce lo 0,1-3 per cento della popolazione mondiale, di cui il 75-80 per cento dei casi presenta forme lievi (psoriasi minima). Uomini e donne ne sono affetti in uguale misura, anche se in alcuni sottotipi specifici esiste una differenza fra i due sessi. Sembra che la malattia colpisca le donne a un’età inferiore rispetto agli uomini. Le persone con cute più chiara sono interessate più spesso rispetto alle persone con cute più scura. La psoriasi è una malattia cronica. L’esordio può insorgere a qualsiasi età ma più frequentemente fra i 20 i 30 anni e non colpisce mai le mucose. Circa il 15 per cento di tutti i casi di psoriasi vengono diagnosticati in bambini di età inferiore a 10 anni.
Come si manifesta
La psoriasi può esordire acutamente o gradualmente con chiazze eritematose, cioè aree arrossate, e squame. Le chiazze, a volte pruriginose, hanno un colore che varia da rosa a rosso, con un netto margine di demarcazione. Quando la malattia progredisce, si sviluppano squame di colore bianco-argentino e possono anche comparire lesioni pustolose. Le lesioni si possono localizzare su tutto il corpo, ma più spesso interessano il cuoio capelluto, i gomiti, le ginocchia, la zona ombelicale e quella sacrale. In alcuni pazienti compaiono nuove lesioni laddove c’era stato un trauma (per esempio tatuaggi, bruciature) o anche un'infezione. Tale fenomeno viene chiamato fenomeno di Koebner.
Come si presentano le lesioni
Le lesioni psoriasiche sono caratterizzate da:
• iperproliferazione dei cheratinociti : i cheratinociti si dividono circa 9 volte più rapidamente che nella cute normale, con conseguente alterazione del normale ricambio (turnover). Nell’epidermide normale il ciclo di sviluppo, maturazione e desquamazione dei cheratinociti ha una durata di circa 26 giorni, mentre in un paziente affetto da psoriasi il turnover si riduce a 4 giorni. I cheratinociti maturi si portano verso la superficie cutanea e si accumulano, producendo le caratteristiche squame;
• sviluppo anomalo dei cheratinociti : la distribuzione dei 5 strati dell’epidermide in una cute affetta da psoriasi è alterata. Lo strato granuloso è ridotto o assente, mentre lo strato corneo è significativamente aumentato a causa dell’accumulo di cheratinociti. La distribuzione delle varie forme di cheratina è inoltre alterata rispetto alla cute normale a causa di un ritardo nello sviluppo dello strato basale dell’epidermide psoriasica.
• infiltrazione di cellule infiammatorie nella cute : numerose cellule del sistema immunitario migrano verso la cute psoriasica, provocando infiammazione. I macrofagi e i linfociti T predominano nelle lesioni precoci.
Fattori di rischio
La causa della psoriasi non è del tutto nota; tuttavia fattori genetici, infezioni, abitudini di vita ed eventuali patologie concomitanti possono essere predisponenti per lo sviluppo della malattia.
• Predisposizione genetica. Un terzo dei casi di psoriasi si manifesta in persone che hanno parenti affetti da psoriasi, suggerendo la presenza di una componente genetica ereditaria della malattia. I geni candidati allo sviluppo della psoriasi sono localizzati sui cromosomi 1, 3, 4 e 6. Molti di questi geni presenti sul cromosoma 6 presentano un legame con le molecole di classe I del complesso maggiore di istocompatibilità (HLA). Questi geni comprendono gli antigeni leucocitari umani (HLA)-Cw6, HLA-DR7, HLA-A2, HLA-B17, e HLA-B13.
• Infezioni. Alcuni individui sviluppano una psoriasi dopo un’infezione causata da batteri o virus. Le infezioni da streptococco e in particolare quelle da streptococco ß-Emolitico di Gruppo A possono precedere la comparsa della psoriasi, come avviene nella psoriasi guttata. La maggior parte delle persone nel corso della vita soffre di infezioni da streptococco, reagendo con risposte del sistema immunitario diverse. Un’eccessiva risposta immunitaria all’infezione può scatenare la psoriasi in persone predisposte. Anche infezioni virali acute e croniche possono favorire lo sviluppo della malattia.
• Abitudini di vita. In generale, alcuni studi indicano che i soggetti che conducono uno stile di vita sano hanno una minore tendenza a sviluppare la psoriasi. Altri studi suggeriscono che l’abuso di alcolici e di tabacco predispongano alla psoriasi, così come un consumo limitato di frutta e di verdura. L’obesità costituisce un fattore di rischio aggiuntivo.
• Comorbilità. Particolari comorbilità (presenza di altre patologie) predispongono alla psoriasi. Per esempio, pazienti affetti da malattia di Crohn (MC), da colite ulcerosa (CU) o da dismetabolismi sviluppano frequentemente psoriasi.
• Fattori scatenanti. Anche se non sono considerate fattori di rischio, alcune condizioni ambientali possono scatenare l’esordio della psoriasi in persone predisposte. Si stima che le situazioni di stress peggiorino la psoriasi nel 40-80 per cento dei pazienti. I fattori scatenanti comprendono lesioni cutanee, punture di insetti, infezioni virali, micotiche, da lieviti o batteriche, alterazioni ormonali, ustioni solari, cambiamenti climatici, farmaci e stress.
Come evolve la malattia
L’esordio della psoriasi può essere improvviso o graduale. I segni e i sintomi caratteristici comprendono:
• xerosi, ovvero secchezza cutanea, arrossamento e desquamazione, zone ipercheratosiche, fissurazioni, pustole e aspetto infiammatorio;
• prurito (frequente);
• dolore articolare e segni di artrite (nel caso di artrite psoriasica);
• onicopatia (coinvolgimento delle unghie), come “pitting”, depressioni puntiformi di tipo “ditale da cucito”, strie, chiazze eritematose, ipercheratosi e esiti iper o ipopigmentari;
• lesioni a livello del glande nell’uomo;
• coinvolgimento oculare con sensazione di bruciore, prurito, secrezione e aumento della lacrimazione (raramente). Il decorso tipico di questa malattia è caratterizzato da episodi di riacutizzazione, seguiti da remissione. Il periodo di recrudescenza varia per durata e frequenza.
L’interessamento cutaneo, pur non coinvolgendo lo stato di salute generale, rappresenta una condizione cronica che può interferire in modo significativo sulla qualità della vita, con ripercussioni psicologiche e sociali talvolta invalidanti. Alcuni pazienti manifestano depressione e si isolano a causa del loro aspetto, con tendenze suicidarie, soprattutto nel Nord Europa. La psoriasi può interessare anche gli annessi cutanei. La perdita di capelli a causa del coinvolgimento del cuoio capelluto è rara mentre il coinvolgimento delle unghie (onicopatia) si manifesta nel 50 per cento dei pazienti. Circa il 10-30 per cento dei pazienti presenta artrite psoriasica (AP). Le diverse forme di psoriasi
Esistono diverse forme di psoriasi, suddivise in base ai rispettivi segni e sintomi caratteristici. Le varianti sono:
• psoriasi a placche (psoriasi volgare): rappresenta la forma più comune di psoriasi, comprende infatti circa l’80 per cento dei casi. In genere è lieve o moderata e interessa meno del 2 per cento della superficie corporea. Si presenta con aree cutanee (chiazze/placche) sollevate, ispessite, di cute arrossata, ricoperte da squame bianco-argentee. Le placche hanno una dimensione superiore a 1 cm di diametro e sono ben demarcate con forma da rotonda a ovale. La psoriasi a placche interessa tipicamente cuoio capelluto, superficie estensoria della gamba, sotto il ginocchio, superficie estensoria dell'avambraccio, sotto il gomito, e regione sacrale. È presente il segno di Auspitz alla rimozione della squama (vedi figura "Psoriasi a placche");
• psoriasi guttata: responsabile di circa il 18 per cento dei casi, spesso interessa bambini e giovani adulti. I casi tendono a essere di gravità da media a moderata, sebbene esistano anche forme più severe. Si manifesta con piccole lesioni a forma di goccia, con un diametro da 0,1 a 1 cm, presenti prevalentemente sul tronco, sugli arti e sul volto. Con il tempo le zone colpite diventano simmetriche. Fra i principali fattori scatenanti della psoriasi guttata si ricordano le infezioni delle vie aeree superiori, quali faringiti e tonsilliti. Le lesioni guttate possono sovrainfettarsi per opera di diverse specie streptococciche, soprattutto nei bambini. In questi casi, e nelle forme in cui l’infezione è preesistente, la terapia antibiotica è risolutiva (vedi figura "Psoriasi guttata");
• psoriasi pustolosa: generalmente preceduta da altre varianti, la psoriasi pustolosa si presenta con pustole sterili (vedi figura "Psoriasi pustolosa"). Questa variante è relativamente rara e rappresenta meno del 2 per cento dei casi. La psoriasi pustolosa viene suddivisa nei sottotipi:
- localizzata di Barber: la forma più comune di psoriasi pustolosa localizzata è quella pustolosa palmoplantare, che interessa sia il palmo sia la pianta. Le lesioni tipiche compaiono come pustole diffuse con un diametro di 0,5 cm su placche cutanee eritematose. Con il tempo le pustole diventano scure e desquamano. La pustolosi palmoplantare è più comune nelle donne fra i 20 e i 60 anni di età. Può essere scatenata da infezioni o da stress. Può essere invalidante, causando fissurazioni della pianta e del palmo che creano problemi nella deambulazione e nell’esecuzione dei compiti manuali.
- generalizzata di von Zumbusch: compare con macchie irregolari rosso vivo, di diametro da 0,1 cm a 1,0 cm, con bordi non ben delineati. I pazienti frequentemente manifestano febbre alta e aumento dei globuli bianchi (leucocitosi). La psoriasi pustolosa generalizzata si manifesta quando le pustole confluiscono e si allargano. Ciò può avvenire a seguito di infezioni, interruzione improvvisa della terapia steroidea, gravidanza e dopo l’impiego di farmaci. Questa forma di psoriasi pustolosa è estesa e invalidante.
• psoriasi invertita: colpisce molto spesso le persone in sovrappeso e si manifesta frequentemente insieme alla psoriasi a placche. Appare con zone di cute levigata ed essudante, rosse ed eritematose ma senza squame. Le zone colpite sono prevalentemente le ascelle, la regione inguinale, il solco sottomammario e le altre pieghe cutanee. Tra i fattori scatenanti una psoriasi invertita ricordiamo l’eccessiva sudorazione. L’obesità può contribuire allo sviluppo di una psoriasi invertita a livello delle pieghe cutanee.
• psoriasi eritrodermica : è la forma meno comune ma più grave di psoriasi. Si manifesta con arrossamento vivo e diffuso della cute (vedi figura "Psoriasi eritrodermica"). I pazienti lamentano prurito, dolore e gonfiore che accompagnano il rash cutaneo. In genere si tratta di un’evoluzione della psoriasi a placche o della psoriasi pustolosa generalizzata, dovuta alla confluenza di più zone colpite, e interessa gran parte della superficie corporea. I fattori scatenanti possono essere: malattie sistemiche, stress, alcolismo, ustioni solari e farmaci. La psoriasi eritrodermica colpisce più frequentemente gli uomini rispetto alle donne, con età media di insorgenza intorno ai 50 anni. La maggior parte dei casi di psoriasi eritrodermica è di grado severo, e può portare a uno stato di debilitazione generale e a complicanze anche gravi.
Titolo: Malattie della pelle : La Psoriasi Dom 03 Gen 2010, 00:24
Cause e fattori scatenanti Fino a non molto tempo fa gli specialisti brancolavano nel buio sulle cause della malattia. Di certo si sapeva solo che la psoriasi aveva un'origine genetica e che esistevano fattori che potevano determinarne la comparsa. L'ipotesi della causa genetica è supportata dal fatto che circa la metà delle persone colpite proviene da famiglie in cui vi sono altri casi di psoriasi; soprattutto nei gemelli monozigoti (con identico patrimonio genetico e con caratteristiche fisiche uguali) la psoriasi colpisce entrambi i fratelli nel 65-70% dei casi presi in esame. Di recente un gruppo di ricercatori italiani dell'Università Tor Vergata di Roma, diretto dal prof. Giuseppe Novelli, è riuscito a dimostrare l'origine genetica della malattia o meglio poligenica, cioè dovuta al coinvolgimento di più geni. Nel corso dello studio sono stati individuati geni di suscettibilità (cioè che favoriscono la comparsa della malattia) sul braccio corto del cromosoma 6, sul braccio lungo del cromosoma17 e sul braccio lungo del cromosoma1. Questi geni influenzano l'attività dei cheratinociti, cioè delle cellule situate sullo strato esterno dell'epidermide. Per fattore scatenante s'intende un evento che provoca la comparsa di una malattia già presente in uno stato di latenza. Di seguito sono indicati i fattori che vengono considerati come responsabili della comparsa della psoriasi, in quanto ne favoriscono lo sviluppo e ne possono peggiorare il decorso:
Lo stress, cioè un insieme di reazioni che il cervello innesca nell'organismo a fronte di un evento drammatico o che valuta pericoloso per l'incolumità psico-fisica dell'individuo.
I traumi Qualsiasi trauma di tipo fisico, come il grattamento, le ustioni, le cicatrici chirurgiche o i colpi accidentali, possono provocare, in persone predisposte, anche a distanza di una o due settimane, la comparsa di chiazze psoriasiche, esattamente nelle sedi interessate dall'evento. Questo fenomeno è noto col nome di Koebner. Sembra che non solo l'intensità di un colpo accidentale, ma anche la frequenza con cui vi si rimane vittime, sia determinante per lo sviluppo della psoriasi.
Farmaci Ci sono alcuni medicine che possono agire da fattori scatenanti, come quelle a base di Litio, di beta- bloccanti, antimalarici. L'infezione della gola, causata dallo streptococco betaemolitico, è spesso collegata alla comparsa di eruzioni psoriasiche nei bambini. Per gli adulti, in occasione di questo tipo di infezione, si verifica una generale acutizzazione della patologia, accompagnata da una maggiore resistenza ai farmaci.
Alterazione del metabolismo L'alterazione di alcuni processi metabolici e un'alimentazione povera di calcio sono in alcuni casi responsabili della comparsa della psoriasi.
Ormoni Spesso la psoriasi compare in corrispondenza della pubertà e della menopausa, periodi in cui l'equilibrio biologico viene profondamente modificato.
Etilismo e fumo Le forme gravi di psoriasi sono spesso accompagnate dall'abuso di alcool e nicotina.
Titolo: Malattie della pelle : La Psoriasi Dom 03 Gen 2010, 00:23
La psoriasi è una particolare malattia della pelle, non è contagiosa, ma colpisce più di 100 milioni di persone in tutto il mondo, in Italia ne sono colpite circa 2 milioni e mezzo. Si presenta in varie forme e non esiste ad oggi una cura risolutiva, ma si può tenere sotto controllo con opportune strategie di cura. Non esiste una cura migliore di un’altra, ma ogni paziente risponde in maniera diversa alla terapia scelta dal medico specialista.È una patologia con un forte impatto negativo sulla qualità di vita. Vengono, di seguito, riportati gli aspetti più significativi e caratterizzanti della psoriasi.La psoriasi è una malattia delle pelle ad andamento cronico e recidivante; colpisce, nel mondo occidentale, circa il 3-4% della popolazione. Si tratta di una patologia, che si manifesta con la comparsa di chiazze rossastre e rotondeggianti, chiaramente delimitate ai bordi e ricoperte di squame sovrapposte dal colore biancastro, che sfuma nell'argento. In alcuni casi le zone in cui compaiono le chiazze diventano sede di prurito più o meno intenso, a seconda della reazione individuale all'infiammazione. Si sviluppa quando il sistema immunitario dell’organismo procura una crescita rapida dell’epidermide con conseguente desquamazione. Alla base della malattia, che non è assolutamente contagiosa, vi è un'alterazione genetica, che si trasmette per via ereditaria, con l'intervento di fattori ambientali e psicho-emotivi scatenanti. La percentuale delle persone interessate è molto variabile, in relazione ai seguenti fattori: razza La patologia è frequente nella razza bianca, mentre pochissimi sono gli psoriasici di razza nera o asiatica. età Può insorgere a qualunque età, anche nei primi mesi di vita, comunque prevalentemente tra la seconda e la terza decade di vita sesso Anche se con lieve spostamento in direzione di quello femminile, la patologia sembra equamente distribuita nei due sessi.
Titolo: Malattie della pelle : Vitiligine Dom 03 Gen 2010, 00:05
Approfondimento sulla Vitiligine
La vitiligine e i suoi sintomi La vitiligine appare come un disordine della pelle relativamente comune, a causa del quale appaiono sulla pelle delle chiazze bianche. Queste chiazze sono dovute dalla distruzione oppure dalla mancata attivazione delle cellule pigmentanti; il risultato è una distruzione dello stesso pigmento oppure una mancata produzione dello stesso in futuro. In molti casi si pensa che la vitiligine sia un disordine auto-immunitario. I ricercatori non conoscono esattamente quali siano le cause di questa risposta autoimmunitaria. Nella vitiligine solo il colore della pelle è affetta da questo disordine. I tessuti e tutte le altre caratteristiche della pelle rimangono normali. Cosa è un disordine autoimmune? Un disordine autoimmune è una qualche malattia per cui il sistema immunitario reagisce contro gli stessi organi o tessuti del proprio corpo e produce anticorpi contro essi. Un disordine autoimmune non è una immunodeficienza. Nel caso della vitiligine si pensa che il sistema immunitario riconosca i melanociti come corpi estranei e gli attacchi distruggendoli o rendendoli inattivi. Altri tipi di disordine autoimmune sono: gli scompensi tiroidei, l'alopecia areata, il lupus e l'anemia perniciosa. Cosa è un melanocita? Un melanocita è una cellula della pelle che produce pigmento (melanina). Straordinariamente tutti esseri umani hanno pressappoco lo stesso numero di melanociti nella loro pelle. Gli uomini con pelle più scura possiedono melanociti capaci di creare una maggiore quantità di melanina. Cosa è la melanina? La melanina è un pigmento di colore marrone per la pelle ed i capelli, derivato dall'aminoacido tirosina. Viene sintetizzata da una speciale cellula chiamata melanocita, che inoltre la immagazzina. Quali sono i sintomi della vitiligine? Le persone che sviluppano vitiligine per prima notano chiazze bianche o punti di depigmentazione sulla pelle. La pelle rimane con lo stesso tessuto e normalmente non ci sono altri sintomi associati. Queste chiazze sono più visibili nelle aree esposte al sole, inclusi i piedi, le mani, le gambe, la faccia e le labbra. Altre parti comunemente affette dalla malattia sono i gomiti, il contorno occhi, il contorno labbra, i genitali. La vitiligine normalmente appare in tre tipologie: nella prima (focale) la depigmentazione è localizzata in una o più piccole aree, nella vitiligine segmentale le persone hanno depigmentazione solo su un lato del corpo, nella vitiligine generalizzata la depigmentazione avviene in varie parti del corpo, spesso in maniera simmetrica. In aggiunta a queste aree depigmentate, molte persone evidenziano un imbiancamento dei peli cresciuti nelle aree depigmentate (anche capelli, barba, ciglia e sopracciglia). In alcuni casi la vitiligine può portare depigmentazione della retina o del colore degli occhi. E' contagiosa la vitiligine? LA VITILIGINE NON E' ASSOLUTAMENTE CONTAGIOSA. Come si sviluppa la vitiligine? Il corso e la gravità della vitiligine sono diversi da persona a persona. In molti casi la vitiligine si sviluppa in piccole aree. Col passare del tempo alcune macchie possono ampliarsi ed altre possono apparire. Molte persone hanno notato che la loro vitiligine è rimasta tale per anni ed improvvisamente è aumentata, in nuove aree. In molti casi la vitiligine ha una progressione lenta, ma non si può dire se la propria vitiligine progredirà o si stabilizzerà in futuro. Alcuni pazienti hanno notato una repigmentazione spontanea di alcune aree. Ad oggi non ci sono certezze sulla progressione o regressione della malattia nei pazienti affetti da essa.
Cause ed effetti Quali sono le cause della vitiligine? Ci sono molte teorie circa le cause della vitiligine, e nessuna è certa. Tuttavia, gli esperti sono certi che una predisposizione genetica o una suscettibilità alla vitiligine è presente nelle persone che sviluppano vitiligine. La vitiligine può essere il risultato di molti fattori – autoimmuni, stress ossidativi (eccesso di perossido di idrogeno), neurotrofici (sostanze formate come parte di una produzione normale di melanina attualmente tossica ai melanociti) – sono ipotesi che sono state avanzate. Il meccanismo coinvolge una progressiva distruzione di melanociti selezionati probabilmente da cellule linfocite. Nella maggior parte dei casi si crede che la vitiligine sia un tipo di disordine autoimmune, nel quale il sistema immunitario avverte le cellule pigmentanti come corpi estranei all'organismo e le attacca. Questo disordine autoimmune sembra avere origini genetiche. Si crede che stress, eventi traumatici, gravi scottature del sole possano attivare o enfatizzare la vitiligine nelle persone predisposte. Altre teorie prevedono la possibilità che un funzionamento anomalo del sistema nervoso possa produrre danni ai melanociti. Alcuni studi sono giunti alla conclusione che i melanociti nei pazienti malati di vitiligine possano distruggersi da soli, rilasciando sostanze tossiche che distruggono altre cellule pigmentanti. Un'altra teoria prevede che la vitiligine sia interamente di origine genetica e che ci sia un difetto nei melanociti che li rende più suscettibili agli attacchi. Alcuni casi di vitiligine siano derivati da agenti chimici, come i fenoli ad esempio, usati nella fotografia. Interventi chirurgici, o danni alla pelle possono dare l'avvio alla malattia. La domanda è: sono queste persone suscettibili alla vitiligine? La risposta spesso è sì. In ultimo, ci sono teorie alternative che incolpano la nutrizione, il ricorso a diete e disordini digestivi. Cos'è uno stress ossidativo? Una delle nuove teorie nella causa della vitiligine è lo stress ossidativo. Lo stress ossidativo è un sovraccumulo di perossido di idrogeno nella pelle. Ogni persona sviluppa perossido di idrogeno nella pelle, come risultato di un naturale processo biologico. Un enzima chiamato catalase normalmente distrugge le molecole di perossido di idrogeno nella pelle, creando acqua e ossigeno. Tuttavia, le persone che manifestano vitiligine possono avere problemi nella creazione della catalase, oppure nel trasferire la catalase alla pelle. Molti studiosi pensano che l'accumulo di perossido di idrogeno nella pelle possa essere una delle cause primarie di vitiligine ed infatti, molti studi hanno dimostrato che le molte persone che manifestano vitiligine evidenziano "stress ossidativi". Alcuni studiosi hanno teorizzato che la stessa causa autoimmune nella vitiligine potrebbe essere correlata allo stress ossidativo. Virus e batteri producono perossido di idrogeno e così in presenza di questo composto nella nostra pelle ci potrebbe essere l'attivazione della distruzione dei melanociti da parte dei linfociti. Molte persone dicono di aver contratto la vitiligine dopo eventi traumatici, periodi di stress, scottature gravi dopo esposizioni solari. Speciali macchine usate nella misurazione del livello di perossido di idrogeno nella pelle mostrano che questi eventi possono aumentare il pericolo di stress ossidativi nella pelle. E' vero che la genetica può giocare un ruolo nella vitiligine Molti esperti credono che ci sia una base genetica nella vitiligine che ne aumenti la suscettibilità. Sebbene non comune, ci sono famiglie nella quali più di un componente hanno vitiligine, questo facilità la teorizzazione di una causa genetica. Sebbene qualcun altro nella vostra famiglia non mostri segni di vitiligine, può esserci comunque una predisposizione genetica. Questa affermazione è dovuta al fatto che c'è più di un gene coinvolto nella comparsa della vitiligine. E' una combinazione di geni che può essere provato essere il fattore critico è può inoltre aver bisogno di qualche stimolo per causare lo sviluppo della malattia. I geni di entrambi i genitori si combinano in maniera casuale, così solo talvolta i geni che rendono una persona indifesa contro la vitiligine possono confluire tutti insieme nella persona che verrà creata. Le combinazioni non complete di geni “anormali” non faciliteranno lo sviluppo della vitiligine nella persona. Le combinazioni complete di geni “anormali” tuttavia, potrebbero avere bisogno di altri fattori per attivare la comparsa delle prime macchie. Per questo motivo i geni della vitiligine possono passare attraverso molte generazioni di una famiglia prima che uno degli individui mostri le evidenze della malattia. Recentemente i ricercatori stanno studiando gli aspetti genetici della vitiligine, usando computers che riproducano la sequenza genica e la mappatura del genoma umano per determinare come la terapia genetica e la tecnologia possano aiutare a trattare o ad arrestare definitivamente la vitiligine. Cos'è la suscettibilità genetica? Esiste una teoria che la suscettibilità o predisposizione alla vitiligine sia di origine genetica e che un qualche difetto nella struttura genetica renda un individuo più suscettibile alla vitiligine. Questo non implica che nell'individuo in questione si possa poi sviluppare realmente la vitiligine. Recenti studi di genetica nei quali sono stati analizzate le sequenze di DNA di migliaia di persone affette da vitiligine, hanno prodotto interessanti risultati circa le operazioni degli enzimi nelle persone con vitiligine, che possono aiutare i ricercatori a comprendere meglio come trattare le cause sottostanti alla vitiligine. Così come i geni, le persone possono portare il difetto che permette lo sviluppo della vitiligine, e trasmetterlo ai loro figli, senza aver mai sviluppato loro stessi la vitiligine. In questo casi altri fattori, inclusi ambientali o di personalità, possono giocare un ruolo nell'inizio della. L'esposizione a certi agenti chimici può causare vitiligine? E' quasi certo che alcuni agenti chimici, in particolare sostanze come il fenolo, possono attivare la vitiligine in persone che sono suscettibili. I fenoli possono essere trovati in molti tipi di coloranti per capelli, coloranti domestici e prodotti similari. Ci sono inoltre altri agenti chimiche industriali e sostanze che possono attivare la comparsa delle macchie di. Alcuni casi di vitiligine possono essere collegati ad un sistema immunitario debole? Si. Mentre molti casi di vitiligine sembrano essere causati da una iperattività del sistema immunitario, nella quale il sistema immunitario stesso sembra essere il responsabile dell'attacco alle cellule pigmentanti, una minoranza di casi sembra essere legata ad una risposta debole del sistema immunitario. Molti specialisti pensano che un sistema immunitario soppresso possa coesistere con una malattia autoimmune. Per questa ragione, molti dottori scelgono di valutare la funzione immunitaria, specialmente prima di utilizzare certi trattamenti, specialmente quelli che tenderebbero a fungere da immuno-soppressori. Molti specialisti pensano che ci debbano essere altri fattori che giocano un ruolo in un disordine autoimmune come la vitiligine, che possono essere cruciali nella funzionalità e nella programmazione dell'intervento del sistema immunitario, più che sulla forza del sistema immunitario: questa potrebbe essere la ragione dell'esistenza della vitiligine in un individuo immuno-soppresso. Ci sono altre condizioni legate alla vitiligine? Ci sono altre condizioni di natura autoimmunitaria che possono evidenziarsi nei pazienti con vitiligine e potrebbero essere provocati dallo stesso disordine genetico che risulta nella vitiligine. Disturbi di tiroide (ad esempio l'ipotiroidismo), sono abbastanza comuni nelle persone affette da vitiligine e molti dottori pensano che il trattamento dei disturbi tiroidei sia importante nel trattamento della vitiligine. Altre patologie autoimmuni collegate sono più rare, ad esempio l'alopecia areata, l'anemia perniciosa, il lupus, e occasionalmente il diabete. Tutte queste patologie non sono molto comuni, ma sapere che ci può essere un collegamento con la vitiligine può essere di utilità. Comunuque molte persone affette da vitiligine non presentano altri disordini di natura autoimmune. In che maniera è legata la funzionalità tiroidea alla vitiligine? Disfunzioni tiroidee sono molto comuni in tutte le razze e tutte le etnie del pianeta. La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posizionata sotto il pomo di Adamo. Questa ghiandola gioca un ruolo cruciale nel controllo del metabolismo del nostro corpo. La ghiandola esplica questa funzione producendo ormoni tiroidei (T4 e T3), che viaggiano nel sangue per tutto il corpo. Gli ormoni tiroidei comandano al corpo come lavorare velocemente ed utilizzare energia. A causa del fatto che la vitiligine può essere collegata a numerose funzionalità del corpo, un funzionamento ottimale della tiroide (mediante ad esempio l'introduzione di ormoni supplementari) potrebbe essere importante nel trattamento della vitiligine. Cos'è l'alopecia areata? Alopecia areata è una malattia che si evidenzia con la perdita di capelli. Normalmente la perdita inizia in una o più piccole aree. La malattia può colpire uomini e donne di tutte le età, ma l'inizio spesso lo si scopre nell'infanzia. Nella alopecia areata, i follicoli che vengono colpiti dalla malattia diventano sempre più piccoli, drasticamente rallentano la produzione di capelli e visibilmente non si notano capelli in crescita per mesi o anni. La malattia non è da confondere con la calvizie maschile, che è una condizione comune nell'uomo, con cause genetiche. La ricerca odierna suggerisce che qualcosa attivi il sistema immunitario a sopprimere i follicoli nel cuoio capelluto. Recenti ricerche indicano che alcune persone hanno dei geni che possono aumentare la predisposizione allo sviluppo della alopecia areata. Alcuni ricercatori credono che l'alopecia possa essere una stretta parente della vitiligine, in ragione della natura autoimmune della malattia. Tuttavia, solo una piccola percentuale di persone con vitiligine evidenziano alopecia areata. Quest'ultima può sembrare nei sintomi (perdita del pigmento della pelle) simile alla vitiligine, ed a qualche paziente di vitiligine era stata diagnosticata in precedenza alopecia. Ci sono cure a cui non possono sottoporsi le donne in gravidanza? In caso di gravidanza è sempre meglio ascoltare i pareri del proprio dermatologo e anche del proprio ostetrico, per valutare congiuntamente i rischi a cui il feto può essere esposto. Mio figlio potrà sviluppare vitiligine La vitiligine colpisce l'1% della popolazione. La vitiligine sembra essere una malattia ereditaria, anche se molte persone affette dalla malattia non ha parenti stretti affetti da parte loro dalla vitiligine. In caso di prole è stato rilevato che la probabilità di contrarre la vitiligine da parte di ogni figlio aumenta di 5 volte, quindi il figlio di un malato di vitiligine avrà il 5% delle probabilità di manifestare vitiligine. Le probabilità per un figlio di un malato di contrarre vitiligine è quindi molto bassa. Tuttavia ci sono famiglie in cui la vitiligine appare in molti individui, è quindi un fattore genetico. In questo caso la probabilità di un individuo di sviluppare la malattia è molto più. Ci sono maggiori rischi di cancro per i malati di vitiligine? Nonostante non ci sia accordo nella comunità medica, ad oggi si crede che non ci siano effettivi rischi di cancro per i pazienti colpiti da vitiligine. Secondo la dottoressa Pearl Grimes, la ricercatrice che ha utilizzato per la prima volta il Protopic sui malati di vitiligine, "i dati ad oggi non mostrano un crescente rischio di cancro nei pazienti affetti da vitiligine, sia sulle macchie di vitiligine che sulla pelle non malata". Nella comunità medica, si pensa che non ci sia alcun rischio maggiore di melanoma, ma ci può essere un rischio lievemente maggiore di carcinoma. La vitiligine può causare la perdita di colore degli occhi? Si può diventare ciechi? In una piccolissima percentuale di persone affette da vitiligine si è notata una perdita di pigmento nel colore della pupilla. Non esistono evidenze di perdita di vista a causa della vitiligine.
La storia della vitiligine, e le persone che ne sono affette Chi colpisce la vitiligine? La stima delle persone affette da vitiligine è pari all'1- 2% della popolazione mondiale, tradotte in numeri assoluti tra i 50 e 100 milioni di persone (negli USA, le persone con questo disordine sono tra i 2 e i 5 milioni). Si ipotizza una maggiore incidenza in alcune nazioni, dovuta a varie ragioni genetiche e sociali. Il 95% dei soggetti colpiti sviluppa la vitiligine entro i 40 anni (la maggior parte tra i 10 e i 30). Il fatto che la vitiligine colpisca indistintamente tutte le razze, le etnie, e i due sessi suggerisce come essa sia un problema "umano". L'esistenza della vitiligine risale alla antichità, si parla di chiazze di vitiligine addirittura nelle Bibbia, e in antichi scritti cinesi e greci. Le persone con alcuni disordini autoimmuni sembrano essere più esposte alla vitiligine, ma non è vero il contrario. Tra questi disordini includiamo: • l'ipertiroidismo (la ghiandola tiroidea è troppo o troppo poco attiva); • l'insufficienza adrenocorticale la ghiandola adrenale non produce abbastanza ormone corticosteroide); • l'alopecia areata (chiazze di calvizie); • l'anemia perniciosa (basso livello di globuli rossi causato dalla difficoltà dell'organismo ad assorbire la vitamina B12). Quante persone hanno la vitiligine? Circa l'1-2% della popolazione mondiale ha la vitiligine, questo significa che circa 50 o 100 milioni di persone ne sono affette nel mondo. Da quanto tempo è stata riscontrata la presenza della vitiligine? Crediamo che sia sempre esistita. Referenze alla vitiligine sono menzionate nella bibbia ed in antichi manoscritti cinesi e greci. E' un fatto confermato che il cantante Michael Jackson è affetto da vitiligine? Alla fine degli anni ‘80, molti fans di Michael Jackson non capivano come mai avesse deciso di decolorare il colore del suo viso. Negli anni ‘90, il cantante ed il suo dermatologo rivelarono la presenza della malattia sul corpo della star e scelsero la via della depigmentazione totale. La situazione, sebbene certamente difficile per il cantante, creò una maggiore consapevolezza e comprensione della malattia come non mai. In effeti ci sono molte celebrità e cariche istituzionali nel mondo che presentano vitiligine.
Sul sito da cui sono state tratte tali informazioni troverete altre domande che possono esservi utili. http://www.asnpv.it/ASSOCIAZIONE/ASNPV-Onlus-VITILIGINE-cause-effetti-cure-terapie.asp
Mercurio88
Titolo: Malattie della pelle : Vitiligine Dom 03 Gen 2010, 00:03
Che cos'è Malattia della pelle caratterizzata dalla comparsa di macchie bianche di diversa misura. E' dovuta alla distruzione, per cause non note, di particolari cellule che hanno il compito di produrre la sostanza scura, chiamata melanina, che colora la pelle. La mancanza di melanina fa si che la pelle assuma un colore molto pallido.
Come si manifesta • La vitiligine interessa circa l'1% della popolazione e compare in genere prima dei 20 anni di età. • Le parti maggiormente colpite sono il viso, il collo e le superfici esposte a traumi, come le mani, i gomiti, le ginocchia, le caviglie e i piedi. • Inizia spesso con una rapida comparsa delle macchie bianche, cui può far seguito un periodo anche abbastanza lungo in cui la malattia non peggiora. Il ciclo può ripetersi per molte volte ed in casi rari si può arrivare alla completa perdita di melanina. • Le macchie sono ben delimitate e spesso circondate da un bordo più scuro. • La malattia non provoca, in genere, decolorazione dei peli, dei capelli o degli occhi. • E' molto raro che una persona colpita da vitiligine possa riacquistare spontaneamente il colore normale della pelle.
Quali sono i rischi La vitiligine non provoca un deterioramento della salute, ma può accompagnare con maggior frequenza alcune malattie, come il diabete o disfunzioni della tiroide. E' più facile però che le chiazze chiare possano ''ustionarsi'' quando esposte al sole. Un rischio da non sottovalutare è rappresentato dalla comparsa di problemi psicologici nelle persone che si ammalano di vitiligine, che devono essere aiutate a superare questi problemi da chi vive accanto a loro.
Cosa si deve fare • Chi è affetto da vitiligine deve proteggersi dalla eccessiva esposizione alla luce del sole indossando abiti lunghi, non esponendosi al sole nelle ore più calde, e applicando sul corpo creme o lozioni contenenti filtri solari a fattore di protezione uguale a 15. • L'esposizione alla intensa luce del sole consentita per periodi di tempo ben definiti durante particolari terapie della vitiligine con farmaci chiamati psoraleni, che sono attivi solo se ci si espone alla luce del sole o di una lampada a raggi ultravioletti. • Durante questi periodi di trattamento è bene proteggersi con filtri solari a fattore 8-10, che evitano le ustioni ma consentono il passaggio dei raggi necessari all'azione del farmaco. • I filtri solari vanno riapplicati dopo una nuotata o in caso di intensa sudorazione. • Le persone trattate con psoraleni devono portare occhiali da sole protettivi per evitare danni agli occhi quando si espongono alla luce del sole o alle lampade artificiali o ai raggi ultravioletti.
Titolo: Malattie della pelle : Vitiligine Sab 02 Gen 2010, 23:55
La vitiligine è una malattia non contagiosa caratterizzata dalla comparsa sulla cute o sulle mucose, di chiazze non pigmentate, ovvero di zone dove manca del tutto la fisiologica colorazione dovuta al pigmento, la melanina, contenuto nei melanociti. I melanociti resterebbero vitali, ma smetterebbero di produrre melanina. Le chiazze sono generalmente diffuse su tutto il corpo spesso in modo simmetrico. Gli esordi della vitiligine interessano solitamente le zone del corpo intorno ad aperture (intorno a occhi, ano, genitali) e alle unghie (sulle dita, partendo dalle estremità), e più in generale: viso, collo, mani, avambracci, inguine. Le macchie hanno colore decisamente bianco, con margini ben delineati e piuttosto scuri, ma la pelle delle zone colpite a parte la modificazione cromatica è assolutamente normale. Non potendosi proteggere mediante abbronzatura le zone bianche sono facilmente soggette a eritema solare e scottature, come la pelle di un neonato: se ne consiglia la protezione mediante copertura tessile (indumenti coprenti) e/o creme ad altissima protezione (fattore superiore a 40). È completamente infondata la credenza che tale malattia sia contagiosa. Ben più complessi possono essere invece i risvolti psicologici di chi è affetto di vitiligine, per il senso di isolamento e depressione che a volte segue la comparsa delle macchie. Ciò è tanto più vero quanto la persona affetta da vitiligine si sente diversa dalle altre o addirittura rifiutata, osservata per il problema estetico che le macchie generano. La cosa ha più probabilità di verificarsi nella misura in cui le macchie sono poste in parti del corpo molto visibili (volto, collo, mani) e la persona è di carnagione scura; chi invece è già di carnagione molto chiara riesce a evitare di evidenziare le macchie con la semplice accortezza di non esporsi al sole e non abbronzandosi dove ancora ha pigmento. L'origine è sconosciuta (anche se si sospettano fattori autoimmuni e/o predisposizione genetica), né sono noti fattori scatenanti o favorenti anche se è stata documentata un'incidenza maggiore tra componenti della stessa famiglia e fattori di stress che danno il via alla manifestazione primaria della vitiligine o alla sua recrudescenza dopo periodi - anche lunghi - di stasi. Vengono proposti molti approcci basati principalmente su esposizioni a raggi UVB a banda stretta e farmaci ad azione immunomodulanti. I trattamenti sono sempre protratti per lunghi periodi.
http://it.wikipedia.org/wiki/Vitiligine
Ospite Ospite
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Sab 28 Nov 2009, 22:16
CANCRO ALLE OSSA
Cos'è il tumore alle ossa? Il cancro dell'osso colpisce le ossa dello scheletro, composte da tre tipi di tessuti:
l'osso compatto, cioè la parte più dura ed esterna;
l'osso spugnoso, la zona più interna che contiene il midollo osseo da cui vengono prodotte le cellule del sangue;
l'osso subcondrale, un tipo d'osso più morbido che si trova nelle articolazioni e che è coperto dalla cartilagine che ammortizza e rende possibili i movimenti articolari.
Tutte le cellule che compongono l'osso possono trasformarsi e dar luogo a forme tumorali. In Italia la frequenza di tumori dell'osso è di 0,8-1 caso per 100.000 abitanti, cioè circa 500 nuovi casi l'anno. Si tratta ovviamente di tumori primari, che hanno cioè origine nel tessuto osseo: le metastasi ossee di altri tumori (polmone, mammella) sono invece evenienze molto frequenti.
Di questi, il 20-25 per cento è dato dagli osteosarcomi, che in numero assoluto sono quindi all'incirca 100 l'anno.
I più colpiti sono i giovani, con un'età media di 19 anni.
Interessati sono tutti i segmenti ossei, specie le ossa lunghe (femore, ossa del braccio), colpite in oltre il 90 per cento dei casi, e le ossa del ginocchio, in circa il 50 per cento dei casi. Le cause che portano allo sviluppo di un tumore delle ossa restano sconosciute. Per l'osteosarcoma tuttavia, l'elevata frequenza in giovane età e lo sviluppo di gran parte dei casi durante il periodo di massima crescita ossea permettono di ipotizzare che un fattore predisponente possa proprio essere la crescita.
Uno dei fattori di rischio certi è l'esposizione a radiazioni, dato che la radioterapia effettuata per altre forme tumorali è responsabile della comparsa di circa il 4 per cento degli osteosarcomi.
Oltre alle radiazioni, sono implicate nella comparsa di osteosarcoma anche le mutazioni a carico di geni oncosoppressori, tra cui il gene p53 localizzato nel cromosoma 17. Infatti alterazioni di questo gene sono state rilevate in circa il 30-50 per cento dei casi di osteosarcoma. Inoltre mutazioni del gene p53 sono state associate anche a una malattia particolare, la sindrome di Li-Fraumeni, caratterizzata da un'elevata frequenza di diversi tumori tra cui l'osteosarcoma.
Un altro fattore genetico predisponente è la perdita del gene oncosoppressore del retinoblastoma (gene RB1), localizzato nel cromosoma 13. La perdita parziale o completa di questo gene porta alla comparsa in età infantile di retinoblastoma, un raro tumore della retina. E i pazienti con retinoblastoma ereditario hanno un rischio di sviluppare osteosarcoma nell'adolescenza circa 500 volte maggiore del normale.
Molti studi hanno dimostrato che l'alterazione contemporanea di p53 e RB1 è un evento chiave per la comparsa di diversi tumori, tra cui il tumore dell'osso.
TIPOLOGIE:
Il tipo più comune di tumore dell'osso è l'osteosarcoma, che si sviluppa dal tessuto osseo.
Un altro tipo di cancro è il condrosarcoma, che prende origine dalla cartilagine.
Infine esiste il sarcoma di Ewing, che origina dalla trasformazione maligna di zone di tessuto nervoso immaturo presenti nel midollo osseo, la zona spugnosa e ricca di cellule che sta all'interno delle ossa.
L'osteosarcoma e il sarcoma di Ewing sono più frequenti nei bambini e negli adolescenti, mentre il condrosarcoma colpisce più spesso gli adulti.
Bisogna poi considerare i tumori ossei metastatici, ovvero la presenza, all'interno delle ossa, di cellule tumorali provenienti da cancri che si sono formati in altri organi. È questa un'evenienza relativamente frequente, soprattutto in alcuni tipi di tumore come quello polmonare o quello della mammella. In tal caso, però, le caratteristiche della malattia e le cure da somministrare dipendono dal tessuto d'origine e non dalla struttura dell'osso stesso. I sintomi, invece, sono simili a quelli dei tumori di origine ossea.
Sintomi Il dolore o un gonfiore localizzato in un punto qualsiasi dello scheletro è il sintomo più comune del cancro osseo.
Tuttavia i sintomi di esordio possono variare a seconda della localizzazione e della dimensione della neoplasia. Per esempio, i tumori che si formano all'interno o in vicinanza di un'articolazione possono causare tumefazione e dolore localizzato alla zona colpita.
Il tumore osseo può anche ostacolare i normali movimenti e indebolire la struttura ossea a tal punto da causare fratture, dette patologiche per distinguerle da quelle dell'osso sano che accadono in presenza di traumi.
Altri sintomi, più generali e meno specifici, sono l'affaticamento, la febbre, la perdita di peso e l'anemia.
Prevenzione Nessun tipo di prevenzione è attualmente disponibile, né tantomeno alcun tipo di screening diagnostico ha dimostrato di essere efficace nel ridurre la mortalità del tumore osseo.
Diagnosi
Il primo esame da effettuare è una radiografia della zona interessata, seguita eventualmente dalla scintigrafia ossea o dalla PET (tomografia a emissione di positroni), dalla tomografia computerizzata (TAC) o dalla risonanza magnetica nucleare.
Questi sono gli esami strumentali più importanti per la diagnosi, la valutazione dell'estensione della malattia e della risposta alla chemioterapia e per la pianificazione del trattamento chirurgico.
Oltre agli esami strumentali va eseguita una biopsia ossea che consiste nel prelevare dall'area interessata un campione di tessuto, che sarà inviato in laboratorio per l'esame istologico al microscopio. La procedura si esegue in ospedale.
Nella valutazione dell'estensione della malattia la scintigrafia scheletrica, la PET, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica consentono di scoprire metastasi in circa il 20 per cento dei nuovi casi.
Va segnalato che diversi studi hanno dimostrato come otto pazienti su dieci con una diagnosi di tumore localizzato (che quindi non avrebbe già dato luogo a metastasi) sono in realtà portatori delle cosiddette micrometastasi, ovvero piccole quantità di cellule che i normali esami diagnostici (con la parziale esclusione della PET) fanno fatica a identificare.
Evoluzione Allo scopo di dividere in diversi stadi il tumore dell'osso, a seconda della sua estensione, la maggior parte dei pazienti è classificata in funzione della presenza del tumore in una sola zona (localizzato) o in più zone (metastatico). Sapere se la malattia è localizzata o diffusa è importante per la scelta del trattamento più indicato.
Il tumore osseo si definisce quindi come segue:
localizzato se le cellule cancerose sono circoscritte al tessuto osseo in cui il tumore ha avuto origine o non si sono diffuse oltre il tessuto adiacente;
metastatico se le cellule tumorali si sono diffuse dal tessuto osseo in cui hanno avuto origine invadendo altre parti del corpo, più spesso i polmoni, ma anche nuove zone dello scheletro;
recidivante quando le cellule tumorali si ripresentano dopo il trattamento nella stessa sede del tumore primitivo oppure in un altro organo.
Come si cura Le probabilità di guarigione (prognosi) e il tipo di cura dipendono dalle dimensioni e dallo stadio del tumore, dalla durata dei sintomi, dalla possibilità di asportare completamente il tumore visibile o di distruggere le cellule tumorali con la chemioterapia, dai risultati delle analisi e delle altre procedure diagnostiche, nonché dall'età e dalle condizioni di salute del paziente.
Esistono tre possibilità terapeutiche:
la chirurgia, che consiste nell'asportazione del tumore;
la chemioterapia, che consiste nella somministrazione di farmaci che distruggono le cellule tumorali;
la radioterapia, che utilizza dosi elevate di raggi X per distruggere le cellule tumorali (poco o nulla efficace in questo tumore).
La chirurgia è il trattamento fondamentale e consiste nel rimuovere il tumore e, ove possibile, un margine di tessuto sano circostante. In alcuni casi è tuttavia necessaria l'amputazione parziale o totale dell'arto per garantire che il tumore venga completamente eliminato. Attualmente gran parte dei tumori, specie se la diagnosi è tempestiva, può essere asportata senza amputazione e la parte di osso mancante reintegrata con innesti di tessuto osseo sano.
La chemioterapia, invece, distrugge il cancro con farmaci antitumorali che possono essere somministrati per bocca oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare. Tale trattamento viene definito sistemico, non localizzato come la chirurgia o la radioterapia, perché il farmaco entra nella circolazione sanguigna, si diffonde nell'organismo e in questo modo può raggiungere e distruggere le cellule tumorali disseminate nell'organismo. Nel trattamento dei tumori ossei i chemioterapici possono anche essere somministrati nei vasi sanguigni che irrorano la regione in cui è localizzato il tumore: in questo caso si parla di chemioterapia regionale. La chirurgia, quindi, ha lo scopo di rimuovere il tumore localmente, mentre la chemioterapia serve a distruggere le eventuali cellule tumorali residue. Talvolta si procede con un primo ciclo di chemioterapia prima dell’ intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) con lo scopo di ridurre le dimensioni della massa da asportare, e si fa seguire un secondo ciclo (terapia adiuvante) per eliminare eventuali cellule maligne residue.
La radioterapia, infine, consiste nell'applicazione di radiazioni ad alta frequenza per distruggere le cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Purtroppo la sua utilità nel trattamento dei tumori ossei è molto limitata.
PER VEDERE INVECE L INTERO GLOSSARIO MEDICO SULLA RESPETTIVA MALATIA (CANCRO) PREMERE SUL LINK QUA SOTTO:
http://www.tumori.info/tumore-alle-ossa.htm
CYBORG AMMINISTRATORE
Titolo: FIBROMIALGIA : UN`ALTRO MOSTRO DEL 21esimo SECOLO Sab 21 Nov 2009, 01:09
-Fibromialgia e Metodo Solère
Sei modelli terapeutici non farmacologici contenuti nel Referenziale della Rééquilibration fonctionnelle - Metodo Solère sono destinati alla cura della fibromialgia, patologia in progressiva espansione per la quale il Metodo Solère è in grado di fornire un contributo rilevante, pienamente comprensibile ed accettabile sul piano medico-scientifico.
Nella recente evoluzione della Rééquilibration fonctionnelle - Metodo Solère che ha portato il concetto dell’osteopatia a poter essere applicato con definiti confini di utilizzo e con modelli terapeutici riproducibili, un’attenzione particolare è stata rivolta alla fibromialgia ed ai pazienti fibromialgici, costantemente alla ricerca di una cura o di centri cura, possibilmente mediante una terapia non invasiva e che in primis consenta all’individuo di essere compreso nelle proprie manifestazioni cliniche senza che queste possano essere superficialmente addebitate alla sfera psicologica.
Negli ultimi anni l’osteopatia riveste un ruolo considerevole nella richieste di cura non farmacologiche, ma generalmente il polimorfo quadro clinico della fibromialgia non sempre risponde adeguatamente al trattamento manuale formulato. La sindrome dolorosa fibromialgica infatti non può essere giustificata da una o più disfunzioni meccaniche secondo il concetto dell’osteopatia evidenziato in origine da A.T.Still.: i bizzarri sintomi della fibromialgia, sfuggenti a tutte le indagini cliniche, devono essere analizzati con una differente chiave di lettura il cui utilizzo si colloca in uno spazio di confine che rappresenta una delle zona d’ombra della medicina, spazio che rimane esterno alla patologia della struttura ed anche all’area psicosomatica.
Analisi e ragionamento clinico proposti per decodificare meticolosamente il quadro sintomatico della fibromialgia sono quelli appartenenti alla metodologia elaborata da Roland Solère nell’ideare la Rééquilibration fonctionnelle - Metodo Solère, che identifica sei differenti tipi di fibromialgia possibili, proponendo per ogni paziente cura e terapia ben definite, con un trattamento non farmacologico e soprattutto non esteso nel tempo.
Com’è noto, uno dei primi criteri per produrre dati scientifici è la riproducibilità di quanto proposto ed è proprio questo che emerge dall’attuale studio in corso sulla fibromialgia proposto dall’Association pour la Recherche en Thérapies sur les Fibromyalgies (A.R.T.F.) e coordinato dal CENTRE DE RECHERCHE EN THÉRAPIES ALTERNATIVES (C.R.T.A ., Arbonne – Francia) la pubblicazione arriverà solo dopo aver concluso l’iter per presentare uno studio ineccepibile nel valore.
Centri cura fibromialgia e fibromialgia al centro…..
Coloro che ricercano una cura per la fibromialgia spesso hanno già svolto innumerevoli esami in centri clinici all’avanguardia ma, in questo caso, senza le risposte auspicate... Affrontando la cura presso un operatore abilitato al Metodo Solère per la cura della fibromialgia non dovrete pertanto aspettarvi un terapeuta attorniato da microscopi e strumentazione tecnologica perché a tutt’oggi la fibromialgia è una sindrome dolorosa controversa e non monitorabile con la diagnostica strumentale. Non a caso solo nel 1992 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha riconosciuto la fibromialgia facendo comparire la patologia nell'elenco ICD-10 sotto la rubrica M.790 con la denominazione « reumatismo non specificato » , solo dopo che l’ dall'American College of Rheumatology aveva in precedenza stabilito i criteri diagnostici per compensare le difficoltà date dal fatto che, per la fibromialgia, nessun marcatore biologico può essere individuato.
Gli associati Re.F-Italia abilitati al trattamento della fibromialgia secondo i modelli terapeutici della Rééquilibration fonctionnelle - Metodo Solère sono pertanto professionisti sanitari in grado di mettere la fibromialgia, o meglio il paziente fibromialgico, al centro della valutazione clinica per individuare l’appropriato trattamento dopo una meticolosa valutazione funzionale che considera le modalità di manifestazione clinica. Appurato che non si tratta di una patologia infiammatoria sistemica ne di limitazioni articolari meccaniche, è prioritario analizzare la sintomatologia con una differente chiave di lettura, utilizzata anche dalla medicina tradizionale cinese in agopuntura, ma estremamente differente poi nel ragionamento clinico sviluppato, nella costruzione terapeutica e nella stessa stimolazione per attuare la cura. Per questi motivi tutto quanto proposto dalla Rééquilibration fonctionnelle - Metodo Solère, pur ispirandosi al concetto dell’osteopatia ed ai principi della M.T.C., è un metodo di cura a se stante con identità ben definita e sottoposto a denominazione di marchi e brevetti sia per qualche riguarda la formazione che per la tecnica utilizzata nella cura. Prossimamente un elenco degli operatori abilitati, per informazioni contattare l'
Associazione Re.F-Italia dopo la fase di aggiarnamento del link (seguente link) veranno inseriti i centri abilitati per la cura in italia.
Titolo: FIBROMIALGIA : UN `ALTRO (MOSTRO) DEL 21esimo SECOLO. Sab 21 Nov 2009, 00:51
FIBROMIALGIA : UN`ALTRO MOSTRO CHE VA COMBATUTO.
PROFILASSI E SPIEGAZIONE: La fibromialgia, o sindrome fibromialgica o sindrome di Atlante, è una sindrome caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso associato a rigidità. Le possibili cure sono oggetto di continui studi, la malattia è compatibile con l'attività lavorativa svolta dal soggetto debilitato.[1]
Gli indici di infiammazione risultano nella norma. Prevalentemente interessati dal dolore sono: la colonna vertebrale, le spalle, il cingolo pelvico, braccia, polsi, cosce. Al dolore cronico, che si presenta a intervalli, si associano spesso disturbi dell'umore e in particolare del sonno, nonché astenia, ovvero affaticamento cronico. Inoltre la non-risposta ai comuni antidolorifici nonché il carattere "migrante" dei dolori sono peculiari della fibromialgia. Va segnalato inoltre, come la gran parte dei sintomi è comune ad altre due sindromi imparentate con la fibromialgia: la CFS (Chronic Fatigue Syndrome, cioè sindrome da fatica cronica), e la MCS (o Sindrome da multi-sensibilità chimica). In tutte e tre, in vario grado, è possibile osservare alterazioni in senso auto-immune del sistema immunitario dell'individuo affetto.
Qual'è la causa?
La FM è una malattia a genesi multifattoriale. I numerosi studi volti a capire le cause della malattia hanno documentato numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. La FM può quindi essere considerata essenzialmente una patologia della comunicazione intercellulare. Immaginando il nostro organismo come un computer, nella FM tutte le periferiche sono integre e in grado di raccogliere le informazioni in modo corretto, ma i dati, una volta raccolti ed inviati a livello centrale, vengono interpretati in modo errato.
Le due caratteristiche principali della FM sono infatti la iperalgesia e la allodinia.
Per iperalgesia si intende la percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi; per allodinia si intende la percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi. Sia l’iperalgesia che la allodinia possono verificarsi transitoriamente in soggetti non fibromialgici a seguito di eventi nocivi (es. eritema solare, ferita post-chirugica) che rendono ipersensibile la zona cutanea colpita: nei fibromialgici iperalgesia ed allodinia sono diffuse e persistenti.
Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori, ed in particolare della serotonina e della noradrenalina, è la iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo (una parte del nostro sistema nervoso che controlla con meccanismi riflessi numerosi funzioni dell’organismo tra cui la contrazione dei muscoli, ma anche la sudorazione, la vasodilatazione e la vasocostrizione, ecc.) che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare con insorgenza di dolore ed astenia e tensione.
Tipico della FM, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l’andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti (discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia).
Quali sono i sintomi?
Oltre ai due sintomi principali, dolore e stanchezza, molte altre manifestazioni cliniche possono far parte del quadro della FM: la varia associazione di tali multiformi sintomi può in parte spiegare le difficoltà nel diagnosticare tale malattia. Di seguito vengono elencati i sintomi più spesso riferiti dai pazienti.
Rigidità: sensazione di rigidità generalizzata oppure localizzata al dorso o a livello lombare, soprattutto al risveglio, ma anche se si resta per qualche tempo fermi nella stessa posizione (seduti o in piedi).
Disturbi del sonno: più che difficoltà ad addormentarsi si tratta di frequenti risvegli notturni e sonno non ristoratore. Viene considerata specifica della FM la cosiddetta "anomalia alfa-delta": non appena viene raggiunto il sonno "profondo" (caratterizzato da onde delta all'elettroencefalogramma) si ha un brusco ritorno verso il sonno "superficiale" (caratterizzato da onde alfa). La mancanza di sonno profondo, fase nella quale i muscoli si rilassano e recuperano la stanchezza accumulata durante il giorno, spiega molti dei sintomi della FM (stanchezza persistente, risvegli notturni, sonno non ristoratore).
Mal di testa o dolore al volto:
il mal di testa si caratterizza come cefalea nucale, temporale o sovraorbitaria oppure emicrania, molto spesso ad andamento cronico (cioè il paziente riferisce di soffrire di mal di testa da sempre). Frequentemente i pazienti con FM presentano dolore a livello mascellare o mandibolare e in questi casi la sintomatologia viene confusa con una artrosi o una disfunzione della articolazione temporo-mandibolare. Tale diagnosi, soprattutto in pazienti giovani, deve fare sospettare una FM.
Acufeni:
fischi o vibrazioni all’interno delle orecchie. Possono essere originati da spasmi dei muscoli tensivi del timpano. Disturbi della sensibilità: in particolare formicolii, diffusi a tutto il corpo oppure limitati ad un emisoma (cioè la metà destra o la metà sinistra del corpo) o ai soli arti. Inoltre diminuzione della sensibilità, senso di intorpidimento o di "addormentamento" con la stessa distribuzione. [/color]
Disturbi gastrointestinali:
difficoltà digestive, acidità gastrica, dolori addominali spesso in relazione ai cambiamenti climatici o a fattori stressanti, e quindi classificate come "gastrite da stress". Nel 60% dei pazienti con FM si associa una sindrome del colon irritabile (la cosiddetta "colite spastica"): alternanza di stipsi e diarrea con dolori addominali e meteorismo.
Disturbi urinari:
caratteristica della FM è una aumentata frequenza dello stimolo ad urinare o una vera e propria urgenza minzionale in assenza di infezione delle urine. Più raramente si può sviluppare una condizione cronica con dolore a livello vescicale, definita "cistite interstiziale".
Dismenorrea:
molte delle dismenorree di notevole entità e scarsamente responsive alla terapia sono giustificate da una FM non diagnosticata. Anche il vaginismo (dolore durante il rapporto sessuale) è caratteristico della FM.
Alterazioni della temperatura corporea:
alcuni pazienti riferiscono sensazioni anomale (non condivise dalle altre persone che stanno intorno a loro) di freddo o caldo intenso diffuso a tutto il corpo o agli arti. Non è rara una eccessiva sensibilità al freddo delle mani e dei piedi, con cambiamento di colore delle dita che possono diventare inizialmente pallide e quindi scure, cianotiche: tale condizione è nota come fenomeno di Raynaud.
Alterazioni dell'equilibrio: senso di instabiltà, di sbandamento, vere e proprie vertigini spesso ad andamento cronico e che vengono erroneamente imputate all'artrosi cervicale o a problemi dell'orecchio. Poiché la FM coinvolge anche i muscoli oculari e pupillari i pazienti possono presentare nausea e visione sfuocata quando leggono o guidano l'automobile.
Tachicardia:
episodi di tachicardia con cardiopalmo che portano spesso i pazienti con FM al Pronto Soccorso per paura di una malattia cardiaca, soprattutto se si associa dolore nella regione sternale (costocondralgia), molto frequente nella FM.
Disturbi cognitivi:
difficoltà a concentrarsi sul lavoro o nello studio, "testa confusa", perdita di memoria a breve termine (in inglese tali manifestazioni vengono definite "fibro-fog", cioè annebbiamento fibromialgico).
Sintomi a carico degli arti inferiori:
sono rappresentati più spesso da crampi e meno frequentemente da movimenti incontrollati delle gambe che si manifestano soprattutto di notte (“Restless leg Syndrome" o "Sindrome delle gambe senza riposo").
Allergie:
una buona parte dei pazienti fibromialgici riferisce ipersensibilità a numerosi farmaci, allergie alimentari di vario tipo, allergie stagionali. Pur essendo queste manifestazioni comuni nella popolazione generale, in un sottogruppo di pazienti affetti da FM le allergie sono molteplici e rappresentano un aspetto preminente della malattia tale da impedire la normale alimentazione, lo svolgimento della attività lavorativa, ecc. In questi casi viene a configurarsi il quadro della cosiddetta “Multiple Chemical Sensitivity Sindrome”, o Sindrome delle Intolleranze Chimiche Multiple nella quale i pazienti risultano ipersensibili a moltissime sostanze, dai farmaci ai cibi a sostanze chimiche di vario tipo, con gravi limitazioni nella vita quotidiana.
Ansia e depressione:
molti pazienti affetti da FM riferiscono manifestazioni ansiose (a volte con attacchi di panico) e/o depressive. Questa associazione ha fatto sì che in passato la FM venisse considerata come un processo di somatizzazione in soggetti ansiosi o depressi, e purtroppo ancora oggi molti medici sono legati a questa ormai superata definizione. I numerosi studi sul rapporto tra ansia/depressione e FM hanno dimostrato inequivocabilmente che la FM non è una malattia psicosomatica e che gli eventuali sintomi depressivi o ansiosi sono un effetto piuttosto che una causa della malattia. Una reazione depressiva è infatti comune a tutte le malattie che comportano un dolore cronico, come ad esempio la artrite reumatoide o l'artrosi.
E' una malattia rara?
I dati ufficiali italiani sulle malattie reumatiche relativi all'anno 1999 riportano 700.000 casi di reumatismi extrarticolari (pari al 12.6% di tutte le malattie reumatiche e al 1.2% dell'intera popolazione), tra i quali viene inclusa come forma generalizzata la FM (Tabella 1).
I maggiori studi epidemiologici sulla FM evidenziano una frequenza nella popolazione generale compresa fra il 3 e il 4%, che aumenta progressivamente con l’età e nel sesso femminile fino a raggiungere l’8-9%: si tratta però di studi americani e canadesi, quindi su popolazioni con caratteristiche demografiche differenti da quelle europee. Di grande interesse è poi uno studio pilota europeo che nel 2003 ha valutato la prevalenza “possibile” (ricavata mediante interviste telefoniche e rapporti matematici) della FM nella popolazione generale in Francia e Portogallo, paesi molto simili all’Italia, risultata del 7,4 e del 10,4% rispettivamente. Recentemente tale tipo di studio è stato esteso ad una popolazione italiana di 1000 soggetti, ricavando una prevalenza possibile del 4,1% nella popolazione generale e del 6,9% nelle sole donne. Vista l’esiguità del campione e la metodologia utilizzata tali dati sono solo indicativi, verosimilmente comunque sottostimati; si potrebbe dunque ipotizzare una prevalenza in Italia nella popolazione generale intorno al 6-7% (che significa tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti).
La FM sarebbe quindi confrontabile per frequenza alla artrosi che da anni viene considerata la più diffusa malattia reumatica con importanti implicazioni socio-economiche. La frequenza di FM nei pazienti che si rivolgono allo specialista reumatologo per dolore osteoarticolare è di circa il 20-25%. La FM è molto più frequente nel sesso femminile rispetto a quello maschile (da 5 a 20 volte) e l’esordio dei sintomi si verifica più spesso nella classe di età compresa tra i 20 e i 30 anni, ma poiché la progressione è lenta, spesso i pazienti si abituano ai sintomi finché questi diventano difficilmente sopportabili e si rivolgono pertanto al medico in età più avanzata.
Fibromialgia in gravidanza:
Poiché la FM colpisce prevalentemente donne in età fertile, è frequente che le pazienti già in terapia per tale patologia consultino lo specialista per l’insorgenza della gravidanza, anche perché non sembra che la malattia influenzi in alcun modo la fertilità. In alternativa, molte pazienti si chiedono se con questa malattia possono affrontare tranquillamente una eventuale gravidanza. Esistono pochi studi pubblicati che indagano i rapporti tra gravidanza e FM e si tratta di lavori su numeri esigui di pazienti.
In generale viene sottolineato che nella maggior parte dei casi la gravidanza comporta un peggioramento dei sintomi della FM, soprattutto nell’ultimo trimestre, non vengono però valutate le terapie che eventualmente le pazienti hanno seguito. In realtà, basandosi sulla esperienza riferita direttamente dalle pazienti, difficilmente la gravidanza di per sé comporta un peggioramento dei sintomi della malattia, anzi alcune pazienti riferiscono uno stato di benessere nel corso di tutta la gravidanza. Ciò probabilmente dipende, almeno in parte, da come questo evento viene vissuto a livello emotivo; un’altra possibile spiegazione è che il miglioramento sia correlato all’aumentata produzione di un ormone, la relaxina, che è in grado di migliorare i sintomi muscolari. Il problema maggiore è piuttosto relativo alla necessità di sospendere alcuni dei farmaci che vengono comunemente utilizzati nella terapia della FM e che contribuiscono allo stato di benessere delle pazienti prima della gravidanza.
I sintomi più spesso lamentati dopo sospensione dei farmaci sono: peggioramento del sonno, peggioramento dei dolori, in particolare dolore al collo ed alla schiena, cefalea. La spiegazione di ciò sta nel fatto che questi stessi sintomi possono essere favoriti dalla gravidanza in pazienti non fibromialgiche.
Cosa si può dunque suggerire alle pazienti fibromialgiche già in terapia e che affrontano una gravidanza? In modo schematico i punti sono i seguenti: 1.Se la terapia in corso è limitata all’uso di miorilassanti e/o analgesici, è preferibile sospendere tutti i farmaci. Al bisogno si potrà assumere solo del paracetamolo (Efferalgan, Tachipirina).
2.Se la terapia in corso è basata sull’uso di SSRI (fluoxetina, paroxetina, ecc.) in generale questi farmaci vanno sospesi, a meno che la paziente non li assuma per la coesistenza di una grave sindrome depressiva, nel qual caso possono essere proseguiti sotto controllo medico
3.Per i disturbi del sonno si può utilizzare la melatonina o in alternativa tisane rilassanti; in caso di mancata risposta si possono assumere benzodiazepine a basso dosaggio (Valium, Xanax, ecc.). Nelle pazienti che da tempo assumono triciclici in singola dose serale, tali farmaci possono essere continuati sotto controllo medico.
4.In generale sono permessi in gravidanza i farmaci omeopatici (ad eccezione della nux vomica): in particolare risulta utile per i dolori l’arnica
5.Di fondamentale importanza risulta essere l’attività fisica, che può aiutare a ridurre la rigidità mattutina, l’astenia ed il dolore
6.Altrettanto importante la dieta, che può ricalcare quella già suggerita per la malattia, e che deve limitare l’aumento ponderale che può incidere negativamente sulla stanchezza e sul dolore lombare ad agli arti inferiori
7.Per ultimo ricordiamo le terapie di rilassamento. In generale tutte le tecniche di rilassamento possono avere effetti benefici. Le terapie di rilassamento muscolare profondo sono doppiamente indicate in quanto, oltre a ridurre i sintomi della FM, possono essere utili come preparazione al parto. Infine una ultima raccomandazione: non bisogna dimenticare che le pazienti affette da FM avvertono il dolore in modo più intenso (iperalgesia). Per questo motivo è necessario programmare un parto indolore, possibilmente con anestesia per via epidurale.
Si può curare?
Fino a circa 10 anni fa la FM veniva raramente diagnosticata, anche perché si riteneva che tale diagnosi non fosse di alcuna utilità in quanto si considerava la FM una patologia di natura psicogena e pertanto difficilmente curabile. Negli ultimi anni le cose sono radicalmente cambiate e oggi si può affermare che la FM si può curare con successo. Grazie alla scoperta dei meccanismi alla base della FM possiamo oggi utilizzare farmaci in grado di correggere i deficit alla base della malattia (in particolare il deficit di serotonina). Oltre ai nuovi farmaci disponiamo di alcuni trattamenti non farmacologici estremamente efficaci in grado di modificare l'iperattività neurovegetativa presente nella FM.
Terapia farmacologica:
possiamo distinguere fondamentalmente due classi di farmaci utilizzati per il trattamento della FM: i farmaci miorilassanti, che agiscono sulla manifestazione "periferica" della FM cioè sulla contrattura muscolare, e i farmaci che potenziano l'attività della serotonina che agiscono invece su uno dei meccanismi "centrali" della malattia. Generalmente questi farmaci vengono associati nello stesso paziente.
Farmaci miorilassanti:
tra i tanti miorilassanti esistenti, due sono quelli che hanno dimostrato azione più specifica nella FM, la ciclobenzaprina (Flexiban) e la tizanidina (Sirdalud).
Farmaci che potenziano l'attività della serotonina: la maggior parte di questi farmaci sono classificati tra gli antidepressivi, questo perché la serotonina è implicata nella genesi di alcune forme di depressione. I primi farmaci ad azione sulla serotonina utilizzati già da molti anni sono i triciclici (es. amitriptilina: Laroxyl; trazodone: Trittico), ma attualmente si preferiscono i nuovi inibitori della ricaptazione della serotonina (es. fluoxetina: Fluoxeren, Prozac; paroxetina: Seroxat, Sereupin; sertralina: Zoloft; citalopram: Elopram, Seropram).
Negli ultimi anni sono stati poi sviluppati farmaci in grado di agire aumentando l’attività di molteplici neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina, ecc.). Attualmente sono in commercio in italia due di questi preparati, la venlafaxina (Efexor, Faxine) e la duloxetina (Xeristar, Cymbalta). Anche alcuni farmaci antiepilettici sono stati usati, con risultati variabili, nella terapia della FM: il più noto è il gabapentin (Neurontin), del quale sta per essere commercializzato un derivato più efficace e meglio tollerato, il pregabalin (Lyrica).
Terapia non farmacologica:
si può affermare che tutte le terapie non farmacologiche note, più o meno ortodosse, sono state utilizzate nel trattamento della FM. Non è pertanto semplice districarsi nell'ambito di un campo nel quale molto spesso risulta difficoltoso separare la reale efficacia di un trattamento dalla semplice suggestione. E' quindi necessario basarsi solo sui dati dimostrati che derivano dagli studi scientifici. Il primo punto da chiarire è relativo alle terapie fisiche (TENS, ionoforesi, termoterapia, ecc.) che vengono spesso consigliate ai pazienti con FM: a parte la TENS che risulta efficace fino al 70% dei casi, nessuna altra terapia fisica ha dimostrato risultati superiori al placebo. Per quanto riguarda il massaggio, è stato utilizzato in pochi studi: è comunque comune esperienza dei pazienti con FM che il massaggio può fare peggiorare nettamente la sintomatologia. Anzi si può affermare che, in generale, qualora un paziente trattato con massaggio per una contrattura muscolare riferisca un peggioramento dei sintomi si deve sospettare una FM.
Almeno due studi hanno documentato l'efficacia del biofeedback elettromiografico, metodica che ha il limite di essere poco diffusa e quindi per lo più sconosciuta ai pazienti. Un altro argomento che suscita interesse e quello della omeopatia che, negli ultimi anni, anche in Italia è andata sempre più diffondendosi. Alcuni studi hanno studiato l'effetto di uno specifico rimedio omeopatico il "Rhus Tox" con risultati variabili: è necessario però chiarire che tale trattamento non è adatto a tutti i pazienti, ma solo ad una piccolo sottogruppo con caratteristiche ben definite.
La terapia non farmacologica che negli ultimi anni ha però radicalmente cambiato l'approccio terapeutico e la prognosi della FM è certamente la terapia di rilassamento muscolare: training autogeno di Schultz, terapia cognitivo-comportamentale, terapia di rilassamento basata su tecniche ericksoniane. Le prime due tecniche di rilassamento hanno un limite nella scarsa adesione dei pazienti al programma terapeutico a causa della lunga durate dello stesso e della complessità dell'approccio. La terapia di rilassamento di tipo ericksoniano (terapia breve) è invece preferibile per la rapidita' dell'effetto terapeutico (entro la quinta seduta) per l'efficacia su tutti i parametri esaminati (numero di punti tender, disturbi del sonno, astenia, dolore globale) e per la durata dell'effetto almeno fino al 6° mese dal termine del trattamento.
Può essere utile la fitoterapia per il trattamento della Fibromialgia? Per chi ama la medicina naturale ed in particolare le erbe medicinali, è stato proposto il seguente infuso che sembra essere efficace su alcune delle manifestazione della FM, e quindi può risultare utile come supporto ad altre terapie:
•Panax quinquefolium 2 parti •Astragalus mongolicus 2 parti •Angelica sinensis (Dong quai) 2 parti •Ginko biloba 1 parte •Cimicifuga racemosa (Black cohosh) 1 parte •Passiflora incarnata (Passion flower)1/2 parte •Betonica officinalis (Wood betony) 1/2 parte •Matricaria chamomila (Chamomile) 1/2 parte •Zizyphus sativa (Jujube red dates) 1/2 parte
Questa tisana agisce come tonico contro la stanchezza cronica, l'ansia, la cefalea, i disturbi del sonno e ripristina il flusso sanguigno alle estremità. E' consigliabile assumerla due volte al giorno lontano dai pasti alla dose di un cucchiaino da tè. Poiché alcuni componenti sono difficili da reperire in Italia (tale formulazione è tratta da un testo americano) è possibile sostituirli con componenti dalle caratteristiche simili.
L'attività fisica è indicata nella Fibromialgia?
In numerosi testi specialistici, anche recenti, si legge che l'attività fisica e la ginnastica sono fondamentali per la terapia della FM. In realtà molti pazienti fibromialgici hanno riferito un netto peggioramento dei sintomi (dolore e stanchezza) con l'attività sportiva, tale da doverla per lo più sospendere: questo in effetti non stupisce in quanto l'aumentata tensione dei muscoli dei pazienti fibromialgici provoca una diminuzione del flusso sanguigno con conseguente deficit di ossigeno e minore capacità di sopportare lo sforzo. D'altra parte la immobilità, come già ricordato, porta ad un marcato aumento della rigidità muscolare e del dolore. Per tali motivi la raccomandazione da fare ai pazienti con FM è quella di svolgere senza limitazioni le normali attività quotidiane (purché non troppo gravose), evitare prolungati periodi di inattività e dedicarsi ad attività sportive moderate in base all'allenamento del singolo soggetto: occorre in pratica mantenersi in movimento senza raggiungere il limite di affaticabilità del muscolo. Per coloro che ne hanno la possibilità è consigliata l’attività motoria in acqua termale, che aiuta molto a rilassare la muscolatura.
Esiste una dieta per la Fibromialgia?
Numerosi pazienti affetti da FM hanno riferito un miglioramento dei sintomi nel corso di diete a basso contenuto di grassi che stavano seguendo per perdere peso. Non esiste una dieta specifica per la FM, ma certamente per una patologia che si esprime con dolore e stanchezza muscolare l’alimentazione ha un ruolo decisivo. Delle numerose proposte di regimi dietetici quella che più corrisponde alla esperienza di numerosi pazienti è quella del Dr. Thomas Weiss, il quale ha recentemente pubblicato un testo monografico sull’argomento (non disponibile però in italiano), del quale vengono riportate le indicazioni principali nel nuovo sito dei Fibroamici . I consigli alimentari utili ai pazienti affetti da FM possono quindi essere così riassunti:
1.ridurre il più possibile lo zucchero, specie se bianco e raffinato, dunque anche i dolci, merendine, marmellate industriali; impiegare di preferenza lo zucchero di canna non raffinato
2.una dieta vegetariana (con l’adeguato apporto di proteine vegetali) o comunque con pochissima carne rossa è più favorevole, data la scarsa capacità di drenaggio delle tossine dai tessuti, propria del fibromialgico. Fonti di proteine animali da preferire: pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi se non si hanno intolleranze al lattosio o colesterolo alto.
3.mangiare molta frutta e verdura fresca di stagione, meglio se da agricoltura biologica, per l'azione antiossidante delle vitamine e per l'apporto di sali minerali.
4.ottimo l'impiego di cereali integrali (pasta integrale, riso, farro ecc.) ben cotti; in presenza di disturbi gastrointestinali, questi andranno introdotti nella dieta poco a poco, all'inizio con tempi di cottura ancora più lunghi. Meglio condirli con olio d'oliva (per la presenza di vitamine e acidi grassi insaturi) e ci si può sbizzarrire nell’uso di tutte le erbe aromatiche. Da limitare l'impiego delle solanacee (pomodori, melanzane, patate, peperoni) perchè facilmente scatenanti reazioni di intolleranza alimentare con manifestazioni a livello muscolare.
5.ridurre l'apporto di sale per evitare i ristagni e gli edemi, frequenti nella FM; per la stessa ragione, bere molto: non bevande zuccherine (Coca Cola, aranciata ecc.) nè succhi di frutta ma preferibilmente acqua, infusi, tisane. Limitare l’uso di caffè e tè, preferire il tè verde e l’orzo o il malto. Non ha controindicazioni un bicchiere di vino ai pasti, meglio se rosso (ha proprietà antiossidanti); evitare invece i superalcolici. Per supplire alla mancanza del caffè è possibile utilizzare altre sostanze che diano più tono senza eccitare il sistema nervoso: complessi vitaminici, la pappa reale, l'alga spirulina (quest'ultima a condizione che il fegato sia in buone condizioni, e non per lungo tempo). Poco indicato invece il Ginseng: è un tonico efficace, in genere, ma nella FM può aumentare la contrattilità muscolare e il livello di dolore, ed eventualmente le difficoltà a riposare la notte.
CYBORG AMMINISTRATORE
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Dom 15 Nov 2009, 12:29
Sindrome della guerra del Golfo
La Sindrome della guerra del Golfo o Sindrome del Golfo è una malattia di cui soffrono i veterani che combatterono la Guerra del Golfo nel 1991, ed è caratterizzata da sintomi che comprendono disordini al sistema immunitario e malformazioni dei feti. Non è chiaro se questi sintomi siano una diretta conseguenza del servizio nella guerra del golfo o se l'insorgenza della malattia sia più elevata tra i veterani del golfo rispetto alla popolazione.
I sintomi attribuibili alla sindrome sono molto vari, e comprendono: sindrome da fatica cronica, perdita di controllo muscolare, cefalee, vertigini e perdita dell'equilibrio, problemi di memoria, dolore muscolare e alle articolazioni, indigestione, problemi dermatologici, fiato corto e anche resistenza all'insulina. Le morti per tumore cerebrale, sclerosi laterale amiotrofica e fibromialgia sono attualmente riconosciute dal Defence and Veterans Affairs departments come potenzialmente connesse al servizio durante la guerra[1].
Dalla fine della guerra, la united States Veteran Administration e il ministero della difesa britannico hanno condotto numerosi studi sui veterani. Gli ultimi hanno determinato che mentre la salute finisca è simile a quella dei veterani che non sono stati impiegati, c'è un aumento di 4 delle 12 condizioni mediche riportate in associazione alla sindrome (fibromialgia, sindrome da fatica cronica, eczema e dispepsia[2]. È stato concluso anche che mentre la mortalità tra i veterani era maggiore, questo aumento era da attribuire anche ad incidenti automobilistici. La mortalità era inoltre consistente con i dati postbellici nelle guerre del passato[ Circa il 30% dei 700 000 soldati statunitensi impiegati nella prima guerra del Golfo riferirono sintomi che vennero inseriti in un database medico[4]. La seguente tabella mostra le forze della coalizione che furono coinvolte in scontri diretti. Siccome i soldati di ogni nazione della coalizione parteciparono in diverse aree geografiche, gli epidemiologi utilizzarono queste statistiche per trovare una connessione con l'esposizione a diverse cause ipotizzate.
Gli Stati Uniti e l'Inghilterra, con i tassi maggiori di malattia, sono distinti dalle altre nazioni per un uso maggiore di pesticidi, per l'uso di vaccini per l'antrace, l'esposizione ai fumi derivati dagli incendi dei pozzi di petrolio ed altri fattori. I soldati francesi, con il tasso minore, hanno fatto minore uso di pesticidi e non sono stati vaccinati contro l'antrace[5]. Inoltre furono dispiegati a nord e ad ovest, lontani e sopravvento rispetto ai luoghi delle principali battaglie
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Ven 13 Nov 2009, 17:37
Nanotecnologie contro il cancro, primi test nel 2010 Nanoparticella progettata per attaccare cellule tumorali
Il medicinale da impiegarsi contro le cellule tumorali viene infatti affidato a una nanoparticella in grado di colpire solo le cellule interessate e di eludere l'intervento del sistema immunitario: in questo modo si ottiene una maggior efficacia della terapia e si minimizzano anche gli effetti collaterali. Il test clinico riguarderà 25 pazienti e se avrà successo, aprirà la strada a un nuovo farmaco entro i prossimi cinque anni: inizialmente la tecnica era stata messa a punto contro il tumore alla prostata ma dovrebbe essere efficace anche contro altri tipi di tumori solidi come quelli al seno, ai polmoni o al cervello.
La nanoparticella è stata battezzata Bind 014 ed è stata progettata per risolvere tre dei principali problemi nella somministrazione di un farmaco: come garantire che il principio attivo giunga nella zona corretta, come regolarne il rilascio nell'organismo e come impedire al sistema immunitario di riconoscerlo come estraneo e quindi eliminarlo. Bind 014 è formata da quattro elementi, il primo dei quali è il principio attivo - nel caso in questione, un farmaco chemioterapico - ricoperto da un polimero biodegradabile che si scioglie poco a poco nel corso di diversi giorni, assicurando un rilascio graduale.
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Gio 12 Nov 2009, 19:41
CARISSIMO ADAM METTO QUA IL TUO TOPIC COSI PER NON CREARE CAOS
PASSO E CHIUDO
@THE CROW
Tutte le verita’ che non vi hanno detto sul vaccino AH1-N1 dell’influenza suina
ANNO2012 ha scelto di proporvi questo importante video-messaggio proferito da ADAM KADMON, un amico speciale che ha scelto la verità alla menzogna a dispetto degli eventi che nel loro susseguirsi ci hanno portato inevitabilmente a specchiarci con la realtà illusoria e meschina che si apre come un grande palcoscenico davanti ai nostri occhi oramai da lungo tempo nella società in cui viviamo.Questo forte segnale che lanciamo insieme a lui è l’inizio di una nuova consapevolezza volta ad aprire i sentieri del nostro cuore e della nostra mente a qualcosa di importante e grandioso come i valori dell’amore,della verità e della vita che ci sono stati celati da un sistema corroso fin dalle sue fondamenta dal cosiddetto “Sistema dell’Antico Serpente”.
Ma chi è Adam?Adam non e’ una persona. Adam è una IDEA. E’ l’idea di Umanità, come era stata creata all’origine, e come deve tornare ad essere. Adam è tutto quello che hai sempre saputo, e non ti hanno permesso di dire. Adam sei TU.
Che cosè il “Sistema dell’Antico Serpente”?E’ un insieme di cose che non vanno… tanti Nomi ma un solo Padrone le cui cellule sono la sua forza e al contempo il suo punto debole… l’egocentrismo. Il Sistema fu progettato per creare frustrazioni esistenziali e conflitti tali da creare in tempi di pace, conflitti nella popolazione: crea fazioni contrapposte, incoraggiate a scannarsi per un tozzo di pane, per un posto di lavoro, per una squadra di calcio o addirittura il personaggio di un reality. Apriamo gli Occhi. Mentre vi massacrate per futili motivi, il Sistema si arricchisce indisturbato. Le piaghe, le pandemie, la crisi, il terrorismo servono a distrarre i cittadini che altrimenti si accorgerebbero di essere derubati da secoli. Una massa compatta in un solo passo fa tremare il Sistema sin nelle sue più occulte fondamenta. Non è questione di ideologia politica ma di altruismo. Comprenderne l’essenza significa motivarsi nell’aiutare spontaneamente il prossimo. Verrete attaccati, derisi, scoraggiati dalle cellule del Sistema. Ma essere Buoni significa essere Forti. Tante isole che confluiscono diventano presto un continente.
https://www.youtube.com/watch?v=VQpKPYIT6aM
Le aziende farmaceutiche fronteggiano la crisi con le vaccinazioni di massa
Negli USA Barack Obama ha annunciato nuovi tagli sui prezzi dei farmaci.
Big Pharma, in fibrillazione per la crisi economica, gli interventi governativi e la concorrenza dei generici, punta il suo obiettivo sui vaccini, in assenza di nuovi farmaci economicamente promettenti a stretto giro di posta.
Così i vaccini sono il nuovo potenziale economico degno di attenzione: aziende come Sanofi-Aventis, Merck, Glaxo SmithKline, sono le industrie farmaceutiche che hanno fatto da padrone in questi anni e che, tra l'altro, hanno anche lanciato vaccini di grande successo programmato come quelli contro il Papilloma virus el lo Pneumococco.
Ma qual è il motivo per il quale i vaccini hanno tale attrattiva per le case farmaceutiche?
Simon Friend, global pharmaceutical leader della società di consulenza Priceswaterhouse Coopers, ha un'idea ben chiara: attraggono perché non soggetti alla concorrenza dei generici tanto che c'è stata un'impennata di mercato nel 2008.
I guadagni che ruotano intorno ai sieri sono stati di 16 miliardi di dollari e si prevede che nel 2012 si aggireranno intorno ai 22 miliardi.
Quindi se nel futuro prossimo, ci proporranno vaccinazioni di massa, ricordiamoci questa previsione e prima di decidere, riflettiamo sul concetto di vaccinazione elaborato da Roberto Gava, medico ed omeopata, con specializzazione in cardiologia, farmacologia e tossicologia, che si è così espresso in occasione dell'ottavo congresso nazionale di medicina omeopatica di Verona, nel novembre 2008:
Potremmo accettare le vaccinazioni eseguite in un certo contesto, cioè secondo le acquisizioni medico-scientifiche più recenti (concetto di scienza), nel rispetto della salute presente e futura dell'individuo (concetto di etica), adattate nel tipo, numero, età di inizio, modalità di somministrazione (personalizzazione), nel rispetto dei bisogni, disponibilità, volontà e libertà di scelta del soggetto (libertà), dopo aver tenuto un vero consenso informato (informazione).
Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Gio 12 Nov 2009, 19:38
TOPIC IMPOSTATO DALL UTENTE ALEGRZ
LO STAFF @THE CROWE
Graviola ,Cancro e gli interessi delle case farmaceutiche
Una grande compagnia farmaceutica era quasi riuscita a far passare sotto silenzio una sbalorditiva ricerca su un anti-cancro naturale.
Alcuni tipi di cancro (colon, seno, prostata,ecc) sconfitti da una miracolosa pianta dell’ Amazzonia di cui si è scoperto essere 10.000 volte più potente di alcuni farmaci chemioterapici.
Una grande e conosciuta industria farmaceutica statunitense, per oltre sette anni, ha studiato e testato in laboratorio le proprietà della graviola, una pianta esclusiva delle foreste amazzoniche. Non essendo riuscita ad isolare e duplicare in una formula chimica brevettabile i due più potenti componenti della stessa e quindi non potendo trarre grandi profitti dalla vendita di un farmaco, l’azienda ha abbandonato il progetto evitando di rendere pubblico il risultato della ricerca.
Poiché, per legge, non si possono brevettare le sostanze naturali (giustamente, la natura appartiene a tutti: non se ne possono brevettare le meraviglie), uno studio clinico che comporta investimenti per centinaia di migliaia o addirittura milioni di dollari deve avere poi un suo ritorno economico dalla vendita dei prodotti; nessuna casa farmaceutica condurrà mai degli studi su sostanze che poi chiunque potrebbe coltivare o raccogliere per preparare il proprio rimedio personale.
Fortunatamente uno dei ricercatori di quella compagnia, pur condividendone gli obiettivi di profitto, non poteva accettare la decisione di nascondere al mondo questo unico killer del cancro. Fu così che, ascoltando la sua coscienza e rischiando la carriera, decise di contattare e informare la Raintree Nutrition, una compagnia statunitense che si dedica alla ricerca, al raccolto ed alla riforestazione di piante ed erbe nell’Amazzonia. La sua presidente è riuscita a guarire da una rara forma di leucemia proprio grazie alle piante della foresta pluviale.
Durante le sue ricerche la Raintree Nutrition ha scoperto che anche il NATIONAL CANCER INSTITUTE (NCI) nel 1976 aveva già verificato che gli estratti di questa pianta erano in grado di attaccare e distruggere le cellule del cancro. Questo studio era, però, stato archiviato come un rapporto interno e mai reso pubblico.
Nonostante queste proprietà siano state scoperte già nel 1976, non è mai stato condotto uno studio su esseri umani, quindi nessuna sperimentazione a doppio cieco ed altri test per stabilire il valore del trattamento, tale da essere pubblicato sulle riviste mediche e quindi universalmente accettato come terapia. In ogni caso, la graviola ha dimostrato di poter distruggere le cellule del cancro in altri 20 studi di laboratorio.
Il più recente, condotto dalla Catholic University of South Corea, agli inizi del 2001, ha rivelato che due composti estratti dai semi della graviola hanno mostrato una "citotossicità selettiva comparabile all’Adramycin" (un farmaco comunemente usato nella chemioterapia) per le cellule del cancro al colon ed al seno, lasciando contemporaneamente intatte le cellule sane, al contrario di quello che accade con la chemioterapia.
Un altro studio, pubblicato sul Journal of Natural Products, ha dimostrato che la graviola non è solo confrontabile con l’Adriamicina, ma la supera clamorosamente negli studi di laboratorio. Un composto della pianta ha distrutto selettivamente le cellule cancerose del colon con una potenza 10.000 (diecimila!) volte superiore a quella dell’Adriamicina.
Anche i ricercatori della Purdue University hanno riscontrato che gli estratti delle foglie di graviola hanno eliminato le cellule della neoplasia in almeno sei tipi di tumore e sono state particolarmente efficaci contro le cellule del cancro della prostata e del pancreas (!). Secondo un altro studio, sempre della Purdue University, estratti di questa pianta hanno isolato e distrutto le cellule tumorali del polmone.
Quindi, le domande più ovvie saranno: perché sono stati condotti solo studi di laboratorio e non sono state diffuse notizie così incoraggianti? Per il motivo già accennato all’inizio: non essendoci la possibilità di profitti derivanti dalla vendita di un brevetto di un medicinale di sintesi, nessuna compagnia farmaceutica investirà enormi risorse finanziarie per uno studio appropriato. Purtroppo questa è una realtà comune a gran parte delle terapie naturali.
Incoraggiata da questi test di laboratorio, la Rain Tree Nutrition ha condotto ulteriori ricerche, anche con l’aiuto delle tribù dell’Amazzonia, per raccogliere e far riprodurre questa pianta. Oltre ad aver reso disponibile un preparato contenente la sola graviola, questa azienda ha sviluppato un prodotto chiamato N-TENSE che contiene il 50% di graviola ed il restante 50% una miscela di sei erbe con riconosciute proprietà anticancro: Bitter melon (Mormodica charantia), Esphinheira Santa (Maytenus illicifolia), Mullaca (Physalis angulata), Vassourinha (Scoparia dulcis), Mutamba (Guazuma ulmifolia), Cat’s Claw – Unghia di gatto (Uncaria tomentosa).
Purtroppo, finora, sono stati pochi i medici ed i pazienti negli U.S.A. (pochissimi in Europa) che hanno potuto usufruire dell'estratto di graviola o del composto messo a punto dalla Rain Tree Nutrition, per combattere il cancro. In ogni caso, secondo le testimonianze pervenute alla Rain Tree Nutrition ed al distributore italiano, i primi risultati sembrano particolarmente incoraggianti.
Mentre la gran parte delle ricerche sulla graviola è focalizata sulle sue proprietà antineoplastiche, la pianta è usata da secoli nell'ambito della medicina popolare del Sud America, per trattare un sorprendente numero di patologie fra le quali le seguenti: ansia, ipertensione, influenza, tigna, scorbuto, malaria, eruzioni cutanee, nevralgia, dissenteria, artriti e reumatismi, palpitazioni, nervosismo, insonnia, diarrea, febbre, nausea, foruncoli, dispepsia, spasmi muscolari, ulcera.
Non ci sono dubbi che un ammalato di cancro dovrebbe poter conoscere tutte le opzioni di trattamento disponibili. La graviola potrebbe fornire l’aiuto necessario e forse determinante per sconfiggere la malattia, oltretutto, essendone stata riscontrata l’assoluta assenza di tossicità, senza che il paziente subisca i pesanti effetti collaterali cagionati dai vari trattamenti chemioterapici e di radioterapia.
Titolo: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO. Gio 12 Nov 2009, 19:31
APPRIAMO QUESTO INTERESSANTISSIMO TOPIC APPUNTO PER CHI VOLESSE ESSERE INFORMATO SULLE ATTUALI MALATIE E VIRUS CHE PULTROPPO HANNO E STANNO INTERESSANDO IL GLOBO PER INTERO.EPPURE NONSTANTE CIO ACCADA NESSUNO ..ANCORA RIESCE A DARE UNA LOGICA DEL PERCHE ANCORA NESSUNA CURA HA RAGGIUNTO FRONTIERE IMPORTANTI....................I FATTI.LE NOTIZIE SONO TANTE ...UNISCITI A NOI DEL SITO E ASSIEME AGLI ALTRI UTTENTI INFORMARE CHI VUOLE ESSERE INFORMATO
@ THE CROW[b]
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Titolo: Re: IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO.
IL NERO DELLE MALATTIE: IL NERO DEL 21esimo SECOLO.