Giza è la Greenwich naturale e questo evidenzia la profonda conoscenza astronomica di una civiltà perduta che eresse i suoi maggiori centri tenendo conto di dati matematici e geodetici, incorporando nelle costruzioni le misure della precessione degli equinozi.
Un fenomeno che gli Egizi, o i loro predecessori, tenevano in grande considerazione. L'unico vero marcatore del tempo, dell'alternarsi delle stagioni, il moto stabilito dalla rotazione intorno al Sole detto precessionale; ossia la lenta oscillazione dell'asse polare terrestre intorno al polo dell'eclittica.
Un fenomeno a cui viene da pensare leggendo un brano del "Kore Kosmou" dove Ermete rivela, all'allievo Momo, il progetto di un meccanismo planetario celeste regolato dalle orbite delle costellazioni e dello zodiaco, da Sole e Luna, per controllare gli eventi terreni e la vita degli umani.
In parole semplici il movimento che la Terra compie per mantenere l'inclinazione dell'asse, attualmente di 23,5 gradi, contrastando l'attrazione gravitazionale esercitata dal Sole e dalla Luna sul rigonfiamento equatoriale, tende a raddrizzare l'asse costringendo la Terra a descrivere un cerchio che si completa ogni 25776 anni originando il così detto moto precessionale.
Il cerchio di 360° descritto dall'asse è stato suddiviso in dodici parti di 30° l'una corrispondenti alle dodici case zodiacali. Durante tale tragitto si verifica un cambio dei cieli, delle posizioni delle stelle e delle costellazioni; il susseguirsi delle stagioni, anticipandole ogni anno dato che il Sole risulterà spostato rispetto alle stelle di un grado ogni 72 anni.
La scienza ufficiale ha stabilito che un grado precessionale corrisponde a 71,6 anni e quindi avremo in realtà 2148 anni per ogni segno zodiacale anche se, per ragioni di calcolo, viene considerato che ogni era duri 2160 anni.
Di conseguenza, se consideriamo Giza come meridiano zero troviamo a 72° est da essa Angkor, a 54° da Angkor troviamo Nan Madol e a 144° l'Isola di Pasqua, a 180° da Giza si trova Thaiti, a 180° da Angkor e a 108° da Giza si trova il Candelabro delle Ande che punta su Nazca. Solo semplici coincidenze?
La Grande Piramide con le sue misure testimonia quindi che gli Egizi erano ottimi matematici e astronomi; ecco allora che le Piramidi divengono oggetto di un preciso disegno cosmico.
I Testi delle Piramidi e il Libro dei Morti ci parlano di questa civiltà come un popolo di adoratori e studiosi delle stelle, nelle quali raffiguravano i loro Dèi; questi, con le anime dei defunti, popolavano il loro aldilà.
Dagli stessi scritti apprendiamo che Osiride, signore dei Morti e dell'ordine naturale, venne ucciso dal fratello Seth e diviso in vari pezzi dispersi nel deserto. Fu Iside a ricomporne il corpo con l'aiuto di Anubi. Osiride verrà resuscitato e concepirà con Iside l'erede che vendicherà il padre.
Per l'Egitto Osiride è più di una divinità, dal sudore delle sue mani ha origine il Nilo e quando il fiume straripa fecondando la terra, Osiride rinasce come terra fertile, come linfa vitale per l'Egitto. Un miracolo che si ripeteva una volta l'anno, quando Orione ricompariva nel cielo dopo essere stato nascosto per settanta giorni a causa della rotazione terrestre. Spontaneamente gli Egiziani associarono Orione a Osiride, tanto più che alla sua sinistra stava Sirio, Sothis, nella quale raffiguravano Iside.
È qui che si stabilisce il contatto fra il cielo e la terra, e la costruzione delle Piramidi assume un significato religioso da ricercare nei quattro condotti che escono dalla Grande Piramide, i quali, oltre ad essere allineati astronomicamente, assumono significati rituali.
Osservando la piana di Giza, dove sono state erette le Piramidi della IV dinastia, notiamo che ad Abu Roash, 8 km da Giza, si trova una costruzione non finita, attribuita a Djedefre figlio di Cheope, che porta il nome di una stella; nella zona di Zawyet El Aryan ve ne sono altre due che segnano le posizioni delle stelle di Orione in una certa epoca.
Di conseguenza le Piramidi della IV dinastia ricostruiscono in terra la costellazione celeste e divengono la raffigurazione di Osiride sul suolo egizio. Il Nilo segna la posizione della Via Lattea, che per gli Egizi rappresentava il Nilo celeste.
Il Piccolo e Grande Carro ruotavano 4500 anni fa, sopra l'Egitto con regolarità cronometrica e Orione regolava lo straripamento del Nilo. Gli Egizi sapevano quando la costellazione riappariva guardando la posizione dei due carri celesti. I condotti diventano in tal modo la via attraverso la quale l'anima del faraone, liberata con la cerimonia dell'apertura della bocca, può accedere al cielo quando Orione fa la sua comparsa e rinasce fra le stelle come Osiride.
Ruotando la volta celeste, all'indietro nel tempo in senso antiorario, cercando la simmetria perfetta fra la posizione della cintura e delle Piramidi, arriviamo all'incirca all'11000 a.C..
Tutti sappiamo quale importanza avevano gli equinozi e le precessioni per gli Egizi, i quali osservando il punto in cui sorgeva il Sole, scoprirono che l'equinozio di primavera, cioè il 21 marzo, il giorno e la notte avevano la stessa durata. Si accorsero così che l'inizio della precessione era contrassegnato da una costellazione che spuntava da dietro il Sole e cambiava ogni 2600 anni dando vita ad una nuova epoca e un nuovo periodo astrologico. Nel 2500 a.C., epoca alla quale si fa risalire la costruzione delle Piramidi, la costellazione era il Toro.
Non si può, quindi, pensare che un faraone abbia costruito un monumento dalla forma di Leone, quale è la Sfinge, per indicare l'inizio dell'era del Toro. Ha un senso solo se la sua funzione è quella d'indicare l'inizio dell'era del Leone; ma per trovare il momento in cui questa costellazione apparve da dietro il Sole è necessario retrocedere nel tempo fino al 10500 a.C..
Nella tomba di Senmut, astronomo e architetto vissuto durante il regno della regina Hatschepsut, sono raffigurate le tre stelle della cintura di Orione, i cicli lunari, le differenti posizioni assunte da Sirio nel cielo con il trascorrere del tempo. Nel 10500 a.C. Vega era la stella polare a Nord e Canopo quella a Sud. Il fatto che entrambe fossero anche le stelle più brillanti del tempo potrebbe spiegare perché venne scelta questa data (10.500 a.C.) come punto di inizio di un antico sistema di computo del tempo ponendo la Sfinge in correlazione fra la cintura di Orione e le Piramidi di Giza.
Al Museo di Berlino una tavoletta sumera contrassegnata col n° Vat 7847, riporta l'elenco delle costellazioni e inizia con il Leone.
Le tracce d'erosione, presenti nella roccia usata per costruire la Sfinge e quella del sito dove è stata posta, evidenziano i segni di un consumo causato da millenni di piogge abbondanti che ne hanno arrotondato i contorni.
Tenendo conto che per migliaia di anni il corpo della Sfinge è rimasto sepolto sotto le sabbie e che da oltre 7000 anni la piana di Giza è un arido deserto, per mancanza di precipitazioni intense e continue, si desume che tale erosione sia avvenuta molti millenni prima di tale data, si stima diecimila anni prima, comprovando sia l'esistenza della costruzione in epoca assai remota, sia il fatto che non poteva certo raffigurare le sembianze di un faraone vissuto in epoca successiva; molto più probabile raffigurasse la costellazione che osservava all'orizzonte: quella del Leone.
Nemmeno le consuete inondazioni del Nilo possono aver causato una simile erosione, dato che quest'ultima avrebbe avuto inizio dal basso con un andamento maggiore proprio in quel punto rispetto alla parte superiore. Le profonde fessure presenti provano che l'erosione iniziò dalla parte più alta.
Secondo la scienza ufficiale la Sfinge fu restaurata già trecento anni dopo la sua costruzione e vennero usati per il lavoro blocchi di sessanta e novanta centimetri l'uno. Questi restauri sarebbero stati necessari a causa del materiale scadente usato per la costruzione, ma se così fosse, con un'erosione di trenta centimetri ogni cento anni, la Sfinge dovrebbe essere scomparsa da ben cinquecento anni. Quindi solo le piogge possono aver causato la corrosione.
Al termine dell'ultima glaciazione si verificò un terribile cataclisma ricordato da ogni popolo come il diluvio universale.
Secondo i glaciologhi come Jelersma, Cailleux e Romanovski, dodicimila anni fa, avvenne l'ultima fusione dei ghiacci in modo repentino a causa dell'urto di un grosso asteroide col nostro pianeta, o per effetto di un fenomeno cosmico di notevole entità. Molte terre si inabissarono, le Ande si levarono alle attuali altezze, nacquero le cascate del Niagara, il fondale della fossa di Cariaco emergeva mentre scompariva la coltre ghiacciata che copriva la Scandinavia, l'Inghilterra, l'Irlanda, l'Europa. La corrente del golfo riusciva finalmente a toccare le nostre coste e quelle statunitensi, liberando New York dai venti chilometri di ghiaccio che la ricopriva; mentre un clima rigido colpiva la Siberia.
La Sfinge, inoltre, nel tempo, è stata altre volte oggetto di restauri, come la ricostruzione della testa con una che risulta molto sproporzionata rispetto al corpo.
Certamente i re della quarta dinastia, ritenuti i costruttori delle Piramidi, la rimodellarono a propria immagine e il faraone Kephren si limitò solo a restaurarla.
Nel cercare altre prove torniamo ancora indietro nel tempo per osservare ciò che accadeva quando la cintura di Orione passava lungo la linea nord-sud. In quel dato momento, mentre il Sole sorgeva ad Est, la costellazione del Leone attraversava l'orizzonte. Quindi la Sfinge nell'era del Leone guardava la propria immagine nel cielo.
Ulteriore prova di tale tesi, lo spostamento a destra di 14° della rampa lastricata, allineata a sud-est verso il punto esatto dove il Sole sarebbe sorto, spostato anch'esso a destra di 14° dalla costellazione del Leone, la quale, alla sua sinistra, mostrava solo le spalle e la testa essendo, per metà, sotto la linea dell'orizzonte.
Chi guardava verso est, quindi, poteva vedere il Sole sorgere davanti alla linea lastricata e, a sinistra, la Sfinge emergere dalla sabbia con la testa e le gambe; proprio come la costellazione del Leone all'orizzonte.
Così la Sfinge assume la funzione di un gigantesco indicatore del tempo.
Diviene inoltre possibile sia stata costruita, insieme alle Piramidi, da una civiltà sconosciuta e precedente a quella degli egizi.
Sulle pareti del tempio di Edfu sono incise le cronache di eventi avvenuti in un remoto passato, considerate reali dagli egizi, che parlano dei dominatori dell'Egitto nel Primo Tempo.
Possiamo dubitare delle conoscenze astronomiche avanzate del popolo egizio, ma alcuni studiosi nel contestare la tesi di Robert Temple, autore del "Mistero di Sirio", riguardo alle informazioni trasmesse ai Dogon da esseri intelligenti provenienti dallo spazio, assegnano agli Egizi la fonte delle nozioni riguardanti Sirio. Considerando che solo nel 1970, con l'aiuto di un telescopio, l'uomo ha scoperto l'esistenza di Sirio, rimane pur sempre la domanda di come gli Egiziani si siano procurati tali informazioni. Per caso dai documenti ereditati da quella grande civiltà precedente la loro, della quale parlano come Atlantidea?
Come al solito, restiamo senza risposte.
Innegabile che tutto questo indica una sbalorditiva conoscenza della terra e della sua posizione nel Sistema Solare.
Singolare quanto scritto dalla scienza cosiddetta "ufficiale" in merito alla Grande Piramide:
"Ai suoi architetti sono state attribuite conoscenze geometriche derivate da un elevato grado di scienza, mentre, in sostanza, sono il prodotto dell'intuizione e dell'empirismo. È comprensibile che il monumento così perfetto abbia dato origine a supposizioni di ogni genere. Le teorie mistiche ed esoteriche hanno numerosi adepti, che hanno immaginato perfino un cubito sacro e un 'pollice piramidale' (che misura 127 metri e si basa sulla lunghezza dell'asse polare anziché su quella di un meridiano), ma non si tiene conto che gli egizi non conoscevano né il diametro della terra né altre misure ad essa collegate."
Ebbene questa l'ufficialità, ma se gli Egiziani non conoscevano niente riguardo alla Terra, rimane la domanda: chi ha trasmesso loro tali conoscenze?
Sirio era una stella sacra anche per i Maya, non a caso solo questo astro dei duemila visibili a occhio nudo ha un intervallo di 365,25 giorni da un levare eliaco all'altro. È evidente che fu scelta perché l'unica a coprire la distanza in 365 giorni. Altrettanto evidente che qualcuno aveva gli strumenti e le conoscenze idonee a rilevare tale caratteristica dopo un'attenta e prolungata osservazione del cielo.
Il 10500 a.C. segna anche il momento in cui l'uomo bianco porta la civiltà del Sud America, nel periodo in cui, secondo "Nature" 1971 e "The New Scientist" 1972, si verifica l'ultima inversione dei poli magnetici terrestri.
Questo fatto e le nozioni emerse dalla struttura geometrica di Teotihuacan indicano che quest'ultima fu progettata nello stesso periodo in cui furono ideate le costruzioni di Giza.
Assurbanipal, re assiro, accennò a città potenti che avrebbero occupato il deserto. Tutti gli storici riferiscono che il sovrano possedeva una biblioteca contenente "volumi" antichissimi.
Riferendosi alle città scomparse il Re disse: "noi conosciamo la lingua dei loro abitanti, la conserviamo incisa su tavolette".
Curiosa stranezza assegnare ad un re una biblioteca di "volumi", che si presuppone fossero composti da materiale cartaceo, in un periodo storico ove era sconosciuto l'uso della carta e quando lo stesso re parla di tavolette.
Erano, questi "volumi", resti, nonché conferme indirette a teorie che ipotizzano la nostra civiltà, quantomeno, come seconda civilizzazione sviluppatasi su questa terra?
Molte tavolette sono state tradotte, ma non nella loro totalità e si pensa celino notizie importanti.
Niven trovò centinaia di tavolette di pietra con simboli simili a quelli Maya (ritrovati nel villaggio di Santiago Ahuizoctla) tuttora indecifrate. Le mostrò a Churchward (1) e questi affermò di averne viste molte altre simili, ritenute scritte da sacerdoti Nacal inviati da Mu, uno dei continenti che si dicono scomparsi. Tali tavolette dimostrerebbero che la civiltà di quel continente aveva duecentomila anni. Da quei documenti sono venuti alla luce dati matematici sorprendenti.
Laplace, nel 1700, si meraviglia che gli egizi non avessero voluto comunicare le loro nozioni astronomiche; parlava dei sacerdoti che insegnarono a Talete, Pitagora, Platone.
È riconosciuto ufficialmente che gli Egizi avevano osservato il moto delle stelle intorno al Polo, ne conoscevano alcune, definite "imperiture", parlavano di "sei astri sfolgoranti". Ancora non sappiamo se volevano indicare delle meteoriti o astri molto luminosi all'epoca. Inoltre conoscevano tutto riguardo a cinque pianeti che chiamavano gli "astri senza riposo".
Nel 1899 giunsero nel Museo di Berlino due oggetti appartenuti a Hor, l'osservatore delle stelle, con iscrizioni geroglifiche. Ludwig Brochardt, all'epoca stimato esperto del settore, dopo averli studiati a lungo, li definì parti di un apparecchio astronomico usato per orientarsi, usati anche come "orologio solare".
In Egitto non tutto è stato chiarito. Nel 1839 durante i lavori di sgombero di un corridoio della Piramide a doppia pendenza di Dashur, fu segnalata, dagli operai impiegati nel lavoro, una forte corrente d'aria fresca. Un secolo e mezzo dopo, nel 1951, tale evento fu accompagnato da un rumore che durò una decina di secondi. Segnalato più volte dall'archeologo Ahmed Fakhri, che lo localizzava nel corridoio orizzontale, alla fine del passaggio dell'entrata occidentale, contribuì a dedurre che esisteva una sorta di comunicazione con l'esterno. Questa apertura, vicino all'entrata ovest, non è stata ancora scoperta.
L'ingegnere aeronautico Alexander Thom scoprì che i cerchi di pietra come quelli di Stonhenge venivano disegnati sulla base di triangoli pitagorici con i lati di tre, quattro e cinque unità, esattamente come le Piramidi (2). Inoltre come queste erano allineati con le stelle e individuavano le fasi lunari e i movimenti del Sole tra i solstizi e gli equinozi, prevedendo anche le eclissi.
A Tel Dibae, nel 1962, archeologi iracheni rinvennero una tavoletta, che riproduceva il teorema di Pitagora, incisa dai Babilonesi 1500 anni prima che il matematico nascesse. I teoremi di Talete e Pitagora si ritrovano anche sul Papiro di Mosca (3).
Il documento Rhind (4) (2000 a.C.), conservato nel British Museum di Londra, dimostra che il rapporto della circonferenza con il diametro era stimato a 3,16.
Risalendo attraverso i secoli troviamo questo rapporto più preciso presso i cinesi e giapponesi e, stranamente, non perfettamente conosciuto presso i greci. Questi ultimi ereditarono le nozioni dagli Egizi, visto che non erano interessati a calcoli complessi.
Gli Egizi conoscevano anche il valore della Sezione Aurea, indicato con la lettera greca F, da sempre considerato il principio fondamentale nella struttura degli organismi vegetali e animali.
Secondo la sezione Aurea il rapporto fra una maggiore e una minore quantità è uguale al rapporto fra la somma delle due quantità e la maggiore di esse; ossia chiamando A la misura maggiore e B quella minore otteniamo: A/B = (A+ B)/A ossia 1,618 espresso con il simbolo F.
Tale valore è racchiuso nella Grande Piramide, nella camera del Re, nelle 4 facce inclinate di 51° (Apotema / base X 2 = 1,619) e nelle cattedrali gotiche costruite proprio tenendo conto di tale misura.
Elevando F alla seconda potenza otteniamo il valore di 2, 618 i cui 12/10 corrispondono al p 2,618 X 12/10 = 3,14 - valore costante, per ottenere la circonferenza conoscendo un diametro.
La tavola rotonda si calcola dal quadrato equivalente a ½ del lato del quadrato moltiplicato per radice quadrata di 1,618 = raggio quindi (raggio (r) X 2) X p = perimetro.
Non solo, ma la F ci conduce alla sequenza di Leonardo Fibonacci: in una progressione crescente dove F è il rapporto fra i termini successivi, ogni termine è pari alla somma dei due termini precedenti per cui avremo 1, 2, 3, 5, 8,13, 21, 34, 55, 89, ecc.
I romani non si servivano dello zero e quindi i calcoli complicati diventavano difficili.
I Babilonesi erano in grado di risolvere sistemi di equazioni, conoscevano lo zero, un sistema decimale e un sistema di moltiplicazioni per venti e tramandarono anche un sistema basato sui dodicesimi, molto più pratico nelle divisioni.
Nel periodo di decadenza culturale lo zero venne abbandonato e ritornò in Europa attraverso gli arabi, dopo che fu scoperto dagli Indiani dell'India. I Maya conoscevano lo zero altrettanto bene da millenni.
Sia gli Egiziani, sia i messicani antichi sapevano che l'anno era di 365 giorni e sei ore, suddiviso in mesi.
I Maya e gli Olmechi, furono quelli che si avvicinarono all'esatto calcolo della durata dell'anno solare. 365,2420 anziché 365,2422 come è in realtà. Il calendario in uso oggi deriva da calendari precedenti.
Nel 239 a.C. Tolomeo III corresse il computo del tempo calcolato dagli Egizi. Successivamente Giulio Cesare apportò altre modifiche; il suo calendario fu usato fino al 1582, quando Gregorio XIII lo sostituì con uno nuovo.
Facendo un raffronto fra i calendari scopriamo che solo quello Maya si avvicina al valore assoluto dell'anno calcolato astronomicamente. Difatti il calendario giuliano contava 365,250000 giorni, il gregoriano ne contava 365,242500, quello Maya 365,242129 e quello astronomico 365,242198.
Calpestando le sabbie di Giza e i segreti custoditi nei granelli che le compongono, risaliamo attraverso lo stretto collo della clessidra del tempo e viaggiamo fra le sue spire approdando in lidi lontani fra loro, ma accomunati dalla stessa conoscenza, dallo stesso interesse.
Gli Olmechi erano un popolo dalle misteriose origini vissuto circa nel 6000 a.C..
Avevano un sistema numerico basato sul venti con l'uso di potenze. Una linea per avere il numero cinque, un punto per il numero uno e una curva per lo zero. Avevano inventato il sistema di numerazione a barre e a punti. Il loro calendario era il più esatto del mondo e le loro iscrizioni sui monumenti segnalano date risalenti a milioni di anni fa. Servendosi di una ematite magnetizzata di dieci centimetri localizzavano la posizione geografica delle loro Piramidi; conoscevano l'uso della bussola, precedendo così i Cinesi. Conoscevano l'uso del petrolio e dei suoi derivati; col bitume ricoprivano le condutture di acqua. Ricavavano la carta dalla corteccia degli alberi e dalla pelle degli animali. I giaguari a "rotelle" rinvenuti a Treszartes testimoniano che conoscevano la ruota.Nel campo medico avevano sviluppato l'erboristeria, la chirurgia, l'odontoiatria ed erano capaci di operare interventi di estetica. Ottimi orefici trattavano le giade verdi (originarie della Cina), ossidiane, perle forate; gli ori e gli argenti venivano lavorati, con precisione, a sbalzo e filigrana, lavori difficoltosi tutt'oggi.Erano capaci di elevare specchi parabolici, che si accendevano al raggio del Sole, dosando la magnetite impiegata nel procedimento. Possedevano una grande quantità di mercurio nel quale immergevano i sarcofagi, come testimoniano i ritrovamenti. Nella zona anche oggi si raccoglie una grande quantità di questo minerale. È stato appurato che masticavano della gomma ricavata da resina e bitume di mare. Ci hanno lasciato il grande mistero circa l'uso delle perfette sfere di pietra con diametri che oscillano da due a tre metri e le enormi teste negroidi provviste di un copricapo che richiama alla mente un "casco".
Gli Egiziani si trovano così accomunati con i Babilonesi, gli Aztechi, che erano a conoscenza della forma sferica dei corpi celesti, e i Dogon africani che parlano del "compagno oscuro di Sirio" scoperto solo con i telescopi.
I Dogon sono una tribù africana che vive ora nel Mali. Credono che le origini della civiltà provengano da Sirio. Robert Temple (5) ha studiato a lungo questa credenza e la tribù deducendone inspiegabili misteri.
La stella che ruota intorno a Sirio, chiamata Digitaria, o Sirio B, sempre invisibile, secondo i Dogon conterrebbe i germi di ogni cosa ed è considerata il punto di inizio della creazione. Sapevano da tempo che Sirio è uno dei tanti punti centrali nell'orbita di Sirio B, la cui massa è pari a quella del Sole. Sapevano che la Digitaria causa le perturbazioni di Sirio; che impiega cinquanta anni per percorrere la sua orbita e un anno per un giro intorno a se stessa. Non è un caso che ogni cinquanta anni i Dogon celebrino la festa del rinnovamento, proprio nel momento in cui Sirio B compie il giro di rivoluzione. Conoscevano che il movimento fondamentale dell'Universo è giroscopico.
Nei miti si menzionano altri "accompagnatori" di Sirio: "Emmeya", che percorre in cinquanta anni un orbita più lunga nella stessa direzione di Sirio B; il "Calzolaio" che gira in un orbita opposta; Emmeya a sua volta ha un satellite chiamato "Stella delle Donne".
Conoscenze che noi dobbiamo ancora verificare perché non disponiamo di strumenti astronomici in grado di esplorare quella parte di cielo che si trova a otto anni luce di distanza. Settantasei bilioni di chilometri.
Visto però che i primi dati sono stati accertati, sembra quasi assurdo chiedersi se anche questi potranno risultare, in un futuro, veritieri.
Solo nel 1970 fu scoperto che vi erano due stelle: "Sirio A" e "Sirio B", più piccola e più pesante, una nana bianca che gira intorno a Sirio A ogni cinquanta anni in un orbita ellittica. In pratica i Dogon hanno pensato che una stella invisibile ruotasse in un orbita ellittica e non circolare. La "nana" ruota su se stessa in un anno.
Nel 1975 fu comprovato tutto questo, ma il mistero di come una tribù africana ne era a conoscenza da millenni, senza aver usufruito dell'aiuto di un telescopio, rimane insoluto.
Con i Dogon nasce Nommo Oamnes, il fondatore della loro civiltà, un essere anfibio ripugnante e orribile, giunto dallo spazio dentro un veicolo che viene rappresentato nei disegni come una nave spaziale. Nommo creò la prima coppia dalla quale nacquero gli otto antenati degli uomini.
Per i Dogon l'energia vitale della Terra è l'acqua, contenuta perfino nella pietra.
A tal punto è doveroso annotare che attraverso alcuni esperimenti condotti su rocce, alfine di vagliare la possibilità di sopravvivenza sulla Luna, è stata ottenuta una soluzione "tecnica" e ricavato idrogeno e ossigeno che, combinandosi, hanno formato molecole di acqua.
Misteri perduti che rispuntano dalle nebbie del tempo.
Note:
1. Studioso, esploratore e noto scrittore. Celebri i suoi libri sul continente scomparso Mu.
2. Nel libro "La matematica e Noi", adottato in alcune scuole medie inferiori, si può leggere: "Gli Egizi avevano scoperto che, se si prendono tre asticelle lunghe rispettivamente 3, 4 e 5 volte una stessa unità di misura e si costruisce con esse un triangolo, questo è un triangolo rettangolo qualunque sia la disposizione dei lati, dal momento che l'angolo compreso fra le asticelle minori risulta sempre retto. Si servivano di questa scoperta quando avevano bisogno di tracciare sul terreno un angolo retto per le loro costruzioni. Gli Indiani e i Cinesi avevano riscontrato che utilizzando terne di numeri interi - 5 12 13 - 8 15 17 - si potevano costruire triangoli rettangoli. Si conosceva un'altra caratteristica comune: sommando i quadrati dei due numeri minori si otteneva il quadrato del numero maggiore
(3 x 3) + (4 x 4) = 9 + 16 = 25 = 5 x 5
(5 x 5) + (12 x 12) = 25 + 144 = 169 = 13 x 13
(8 x
+ (15 x 15) = 64 + 225 = 289 = 17 x 17".
3. Conservato a Mosca, da cui il nome; è sempre una riproduzione del sistema con il quale gli egiziani affrontavano la moltiplicazione dei numeri. Il papiro dimostra che i numeri egizi non erano adatti per la moltiplicazione e quindi gli egiziani al posto di tale operazione usavano solo l'addizione; un uso antichissimo della matematica binaria. Il papiro descrive il modo di effettuare tale moltiplicazione.
4. Prese il nome dall'egittologo Henry Rhind che lo scoprì acquistandolo a Luxor nel 1858; si tratta di un rotolo di sei metri per circa trentacinque compilato intorno al 1650 a.C. da uno scriba di nome Ahmes che lo ricopiò da un documento più vecchio di un paio di secoli.
5. Laureatosi in scienze orientali e sanscrito a Filadelfia, membro della Royal Astronomical Society, collaboratore della BBC e numerose riviste scientifiche come "The New Scientist", autore di "Il mistero di Sirio".
http://www.edicolaweb.net/edic152a.htm